Scienza e Arte. La duplice natura della chimica

Chimica. Perché sembra una parola cattiva? Perché quando la sentiamo il nostro atteggiamento è di diffidenza? La chimica sembra proprio non piacere. Eppure è la scienza che studia le proprietà, la composizione, l’identificazione, la preparazione e il modo di reagire delle sostanze. E’ una scienza naturale, non è invenzione dell’uomo.

Il problema è che si tratta di una scienza di cui ci accorgiamo solo quando avviene un disastro ambientale. Per esempio, nel 2015 abbiamo sentito parlare degli 11 milioni di litri di fango contaminato da metalli pesanti (Arsenico e Piombo) provenienti da una miniera abbandonata che si riversano accidentalmente nel fiume Animas, in Colorado; nel 2011 viene pubblicato uno studio di impatto ambientale del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) che dimostra come da decenni le compagnie petrolifere operanti nel paese (ENI, Shell, Chevron, Total, Exxon Mobil) abbiano devastato con le loro attività l’area del delta del Niger; nel 2000 100.000 m3 di acqua e fanghi ricchi di cianuro si riversano dalla miniera aurifera di Baia mare (Romania) e inquinano i fiumi Somes, Tibisco e Danubio; nel 1985 viene descritto per la prima volta sulla rivista Nature il buco dell’ozono, causato dall’uso intensivo dei clorofluorocarburi; nel 1976 nello stabilimento della ICMESA (Givaudan), in Italia, esplode un reattore, disperdendo nell’ambiente TCDD tetracloro-p-dibenzodiossina: seimila residenti esposti ai danni a causa del disastro di Seveso e, andando ancora più a ritroso, tanti sono gli eventi catastrofici che hanno concorso a non far godere la chimica di ottima fama. Troppi. Purtroppo.

Però la verità è un’altra. Non è la chimica ad essere dannosa, ad essere cattiva, ma è l’uso che gli esseri umani fanno delle proprie conoscenze che può provocare problemi. Non si può e non si deve confondere la pericolosità di certe sostanze, usate male da noi stessi, con la chimica come forma di conoscenza. È come dire che la filosofia (forma di conoscenza) è cattiva perché essa (intesa come libri più o meno voluminosi) fa male quando ci colpisce la testa se lanciata da altri uomini da un’altezza più o meno considerevole.

Quindi no, la chimica non è né cattiva né buona, semplicemente “è”. Si sbaglia quando si contrappone la “chimica” alla “natura”, perché ogni composto è sempre e comunque chimico, sia esso naturale o no, sia esso prodotto da una pianta o un animale, o prodotto in laboratorio. Una sostanza naturale non ha alcuna ragione di essere considerata meno tossica di una sostanza sintetica, che di regola è anzi più pura.

La chimica è la scienza delle interazioni, delle trasformazioni, e dei modelli. E nelle molecole e nei materiali la chimica esprime le sue capacità creative: la sintesi chimica ha il potere di creare nuove molecole. Che sono nuove in quanto non esistevano prima di essere create dalla ricomposizione degli arrangiamenti atomici in infinite combinazioni e strutture. Per questa ragione si può dire che la chimica è sia scienza che arte. Sì, anche qui siamo in presenza di un dualismo come quello più noto dell’onda-particella.

Avete mai visto un composto organico cristallizzarsi, ovvero disporsi seguendo una struttura geometrica ordinata, a seguito dell’evaporazione di un solvente? Avete mai visto una colonna cromatografica che, sfruttando la diversa distribuzione dei componenti fra due fasi, permette la separazione e la purificazione di sostanze, anche molto simili, presenti in miscele liquide complesse? E una raccolta in provette di soluzioni dai colori sgargianti? O un’emulsione creatasi tra due fasi liquide immiscibili tra di loro?

Beh, forse lo avete già capito. Io sono un chimico organico, impegnata nella ricerca di nuovi possibili farmaci, e a questi fenomeni ho la fortuna di assistere ogni giorno. Però oggi vorrei che guardaste anche voi. Vi offro questi scatti per farvi ricredere sulla chimica. E lo faccio nell’Anno Internazionale della Tavola Periodica, in occasione dei 150 anni dalla pubblicazione di questa classificazione degli elementi, basata sulle loro proprietà fisiche e chimiche, da parte del chimico russo Dmitrji Mendeleev.

Non sono una fotografa professionista ma adoro la sensazione di poter trasmettere a tutti voi la consapevolezza di una relazione bidirezionale tra arte e chimica.

In chimica, il work-up si riferisce a una serie di manipolazioni necessarie per isolare e purificare i prodotti di una reazione chimica. L’eliminazione dei solventi tramite evaporazione è uno di questi. L’evaporazione divide un sistema solido-liquido e ci consente di ottenere, utilizzando le diverse temperature di ebollizione, la sostanza solida ma non la sostanza liquida che evapora e si perde. E a volte, se l’evaporazione avviene lentamente e a basse temperature, si può osservare un fenomeno simile alla cristallizzazione. Il lento raffreddamento favorisce, infatti, la formazione di cristalli del composto. In questo caso, la lenta evaporazione del solvente ha creato splendidi motivi geometrici messi in risalto da altrettanto meravigliosi giochi di luce. Impossibile non scattarne una foto ricordo!

Autrice: Silvia Panarello

PARTE 2 >>>

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