Se ti sei perso la quarta parte ecco dove puoi trovarla #13.4 Note a Margine – Il ciclo dell’invidia
DISCLAIMER
L’intera produzione di Fabrizio De André pone un forte accento sul testo e sulla scelta oculata delle parole da utilizzare. Un ascolto superficiale sarebbe inutile e totalmente non produttivo. I nostri sono solo degli spunti di riflessione sulle tematiche proposte in ogni brano. Vi invitiamo a fare vostro ogni brano, ascoltandolo più e più volte, cercando di immedesimarvi in ogni personaggio, al fine di provare i suoi stessi sentimenti e sensazioni. Siamo convinti, infatti, che solo in questo modo è possibile comprendere a pieno l’opera di questo immenso Artista.
Il ciclo della scienza
L’album Non al denaro non all’amore né al cielo fu pubblicato nel 1971 per l’etichetta Produttori Associati; gli arrangiamenti furono firmati da Nicola Piovani, e molti dei musicisti che parteciparono alla registrazione dell’album facevano parte dell’orchestra di Ennio Morricone.
All’interno di questo lavoro, composto da 8 brani introdotti da La collina, è possibile rintracciare due macrogruppi tematici: infatti, i primi quattro sono incentrati sulla tematica dell’invidia, mentre le restanti quattro hanno come fil rouge la scienza.
Oggi vi presentiamo il secondo macrogruppo, di cui fanno parte Un medico, Un chimico, Un ottico, Il suonatore Jones.
Un medico
Un medico, primo brano del ciclo dedicato alla scienza, si dedica con passione a questa professione, con una sincera vocazione, ma diventa un po’ imbroglione per poter sopravvivere.
La critica, neppure tanto velata, è rivolta a tutti quei professionisti che hanno scelto un lavoro non per chiamata, ma per il prestigio e la fama che ne deriva, nonché per il guadagno.
Il cambiamento del dottore viene marcato, a livello di testo, dalla contrapposizione dei fiori rosa del ciliegio con i fiori di neve; la sua parabola di vita del medico è totalmente opposta a quella del giudice.[1]
Lo scontro tra mondo ideale e reale è sottolineato dall’alternanza tra tonalità maggiore e minore.
La gioiosa melodia di un vecchio piano scordato fa da preludio ad una verità triste e malinconica: gli ideali si scontrano sempre con la realtà, e ne escono sempre sconfitti.
Chi insegue gli ideali sarà sempre sconfitto, e purtroppo, per vivere, per mangiare, bisogna decidere da che parte stare, se da quello degli sconfitti o meno, ovvero se stare dalla parte di chi è coerente con i propri ideali o di chi è deciso a passarci sopra, letteralmente a venderli per avere un po’ di fama e di successo.
Un chimico
Nella versione originale si fa riferimento ad un druggist, ovvero ad un farmacista; la scelta di questo piccolo cambiamento serve anche per sottolineare la capacità del protagonista di far reagire dei singoli elementi.
La chimica è una metafora della sociologia e dei rapporti umani, sia che siano essi di amicizia o di amore. Infatti, seppur questo brano faccia parte del cerchio dedicato alla scienza, quest’ultima è un pretesto per fare un parallelismo con l’uomo e le sue relazioni sociali: le interazioni tra gli atomi, elementi e molecole possono essere descritte con leggi ben definite, mentre ciò non vale per i rapporti umani, che siano amorosi o meno, per i quali l’uomo non si affida alla razionalità, bensì al caso.
Tuttavia, all’interno del chimico, vivono due anime, una razionale, votata alla scienza, mentre l’altra anela allo spiegamento dei propri desideri.[2]
Solo alcuni elementi, così come solo alcune persone, sono destinati a stare insieme, ad avere dei rapporti stabili e duraturi. Altri invece, passano parte del proprio tempo insieme per poi magari non rivedersi mai più.
Conoscere, però, le leggi della scienza non è garanzia di piena comprensione degli uomini: le leggi umane, infatti, sono irrazionali, seguono il cuore e non la ragione.
Un ottico
Dippold the optician, grazie alla sua professione, proprio come uno spacciatore, dona ai propri clienti la possibilità di vedere una realtà che può cambiare di volta in volta, a seconda delle lenti che si indossano. Proprio come il medico, anche l’ottico tradisce la propria vocazione iniziale per poter fornire agli altri la possibilità di piegare la realtà al proprio volere.[3]
Il brano inizia con una musica quasi bandistica.
La tuba regge tutta la melodia, portandoci in un mondo che quasi assomiglia ad una grande festa di piazza di un piccolo paese negli anni ’60: è possibile vedere i tavoli, le luci, le lanterne, i sorrisi, la gioia… E’ proprio questa la realtà che gli occhiali dell’ottico permettono di vedere, tralasciando, forse anche per un momento, la tristezza, la pochezza, le regolarità di alcune situazioni quotidiane? Che gli occhiali siano forse un mezzo per sfuggire alla realtà?
Il brano è diviso in quattro parti; la seconda viene introdotta da fiati che incalzano il ritmo, mentre la voce di De André recita dei versi in maniera monotòna, e la sua voce si ripete in un eco quasi infinito: il tutto risulta creare un’atmosfera quasi psichedelica, ai limiti del rock progressivo.
La terza parte viene introdotta da un assolo di chitarra, e fa da ponte all’ultima sezione che è uguale a quella iniziale.
L’ottico vende la realtà desiderata a chiunque la chieda: il mondo può essere come tu lo desideri se solo ti vengono offerti degli occhiali giusti. Questi possono permetterci sia di vedere il mondo come noi lo vorremmo, ma allo stesso tempo possono farci acquisire coscienza sul mondo che ci circonda, donandoci la capacità di osservarlo per quello che è.
Gli occhiali sono il punto d’unione tra quello che c’è nella nostra mente e la realtà che ci circonda: ne abbiamo bisogno ogni qualvolta le due cose non coincidono.
Il suonatore Jones
Nell’Antologia si fa riferimento ad un violinista, che per ragioni di metrica viene trasformato da De André in un suonatore.
E’ il personaggio più importante dell’album, non solo perché chiude questo lavoro, ma perché racconta una persona libera ed estranea alla società ed agli schemi della borghesia, ma che allo stesso tempo non si sottrae agli altri, portando gli interessi della comunità al di sopra di quelli personali.
Per il contesto sociale del periodo in cui l’album è stato pubblicato, il suonatore Jones rappresenta l’opposto della società di quel tempo. E’ il personaggio sul quale De André investe tutto, prendendo in prestito da questa canzone un verso che da il nome a tutto l’album: “…non al denaro, non all’amore, né al cielo…”[4]
L’introduzione, che ricorda la musica di Morricone, come già successo in più punti dell’album, lascia spazio ad un accompagnamento di chitarra, creando un atmosfera piuttosto malinconica, alla quale contribuiscono anche l’introduzione dei flauti.
Due attività sono in contrapposizione tra di loro: il coltivare i campi ed il suonare.
A differenza della poesia di E. L. Masters, qui il suonatore sceglie liberamente di abbandonare i campi per dedicarsi alla musica. Tre sono le parole chiave di questo brano: dormire, svegliarsi e libertà. Il dormire è associato ai campi, lo svegliarsi al suonare, e la libertà è legata ad entrambe, perché i campi riescono ad assopire la libertà di scelta, mentre il suonare è conseguenza della stessa libertà di scelta.
Il suonatore Jones sceglie liberamente di suonare per suo piacere e per quello degli altri, e di non essere schiavo di un’attività remunerativa e del denaro che ne consegue, rinunciando così al benessere e alla ricchezza.
Il suonatore Jones rappresenta pertanto l’opposizione al modello di vita borghese, centrato sulla propria realizzazione personale attraverso il lavoro, perché sceglie la felicità per mezzo della libertà, e questo è un percorso che è svincolato dall’individuo, ma coinvolge ed abbraccia la società intera. Non a caso il titolo dell’album è “Non al denaro, non all’amore né al cielo”.
Il suonatore Jones è risolutivo ed in contrapposizione agli altri personaggi dell’intero album, perché non è schiavo di nessuna professione, vizio o virtù, e ci suggerisce che il cambiamento dell’uomo non deve avvenire a partire dalla collettività ma dalle scelte del singolo individuo.[5]
[2] [3] [4] [5] M. Mugnai, California Italian Studies, 6(2), 2016.
Autrice: Annarita N.
Cover design: Ivo Guderzo