Bollettino errante n.12 – SIRIA e COLOMBIA

Inizia un nuovo ciclo di Bollettini erranti dedicati alle notizie dal mondo che non hanno la giusta copertura mediatica sui media e i canali mainstream.

Quello che stiamo vivendo è un periodo denso di eventi globali che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica: la guerra d’invasione russa in Ucraina, i mondiali in Qatar e poche altre distrazioni estemporanee che distraggono l’attenzione per qualche giorno.

Si parte dalla Siria per poi passare a una notizia più leggera in Colombia.

TikTok e quell’elemosina piuttosto costosa

Grazie ad un’inchiesta della BBC in collaborazione con giornalisti e profughi di diversi campi sparsi per la Siria, si è scoperto che TikTok trattiene quasi due terzi delle donazioni fatte a favore dei tiktoker che ogni giorno spendono ore ed ore in dirette per far conoscere le proprie condizioni all’interno delle tendopoli dove vivono.

La piattaforma permette a chi crea contenuti video di essere sostenuti da chi li segue tramite dei doni virtuali sotto forma di emoticon o disegni. Bisogna avere, prima di tutto, almeno mille followers, quindi si può immaginare la fatica che serve per poter raggiungere certi numeri e la quantità di ore che servono per trattenere e mantenere attivi i propri sostenitori. 

Le famiglie trascorrono intere giornate sotto l’occhio della telecamera del cellulare chiedendo agli spettatori di inviare regali virtuali utilizzando anche i bambini per impietosire il pubblico.

I giornalisti inglesi, con l’aiuto di giornalisti locali, hanno seguito per 5 mesi una trentina di account di famiglie di profughi che trasmettevano in diretta raccogliendo, con appositi programmi, informazioni utili alla ricerca.

In alcuni casi i flussi di denaro inviati dagli spettatori raggiungevano anche mille dollari all’ora. La scoperta però sta nel fatto che a chi trasmetteva arrivavano in tasca poco meno del 30% dei soldi inviati dai followers.

Non finisce qui. Chi si trova all’interno delle tendopoli, per forza di cose non è di nazionalità siriana e per poter accedere a una carta SIM nazionale ha bisogno di un intermediario siriano che possa affittargliela, una connessione dati adeguata e attrezzature per le riprese. Quindi una parte di quel 30% scoperta dai reporter va a finire in servizi di noleggio e consulenza gestiti da persone chiamate TikTok Middlemen. Questi facilitatori lavorano a loro volta con agenzie affiliate con TikTok in Cina e nel Medio Oriente.

Queste agenzie sono parte della strategia globale di TikTok per reclutare nuovi streamer e nuovi utenti che passino più tempo sull’app di streaming.

L’ex giocatore di rugby professionista Keith Mason, intervistato dalla BBC, ha dichiarato di aver donato 300 sterline ed ha incoraggiato i suoi follower a fare lo stesso per una povera famiglia di profughi che soggiorna in un campo profughi siriano. Quando è venuto a conoscenza del reportage ha dichiarato che quello che accade è assurdo e ingiusto per le famiglie in Siria che dovrebbero ricevere aiuti.

Facendo i conti in tasca alla povera famiglia che si trova in difficoltà e ha bisogno di sbarcare il lunario, la BBC ha scoperto che con 106 dollari di regalo virtuali con l’emoticon simpatica e pucciosa, la famiglia otterrebbe 33 dollari sul conto corrente virtuale che poi dovrà convertire in contanti con una commissione del 10% e da quello che rimane il TikTok Middlemen prenderà il 35% lasciando alla famiglia giusto 19 dollari.

In tempi di crisi si sa, si sfrutta quel che si può.

Link e approfondimenti

BBC News – TikTok profits from livestreams of families begging

Il Viche: storia del Moonshine afro-colombiano

Creato nel sedicesimo secolo dalle donne afro-colombiane lungo le coste del Pacifico del paese, il Viche per lungo tempo è stato un prodotto vietato al consumo e al commercio. Per la sua storia il Viche ricorda il celeberrimo distillato Moonshine statunitense: ottenuto per distillazione del mais e prodotto esclusivamente dai neri d’America in modo illegale al chiaro di luna (moonshine appunto), veniva consumato solo ed unicamente all’interno delle comunità nere, assumendo con il tempo un alone di magia e pozione curativa. Così anche il Viche ha avuto per alcuni versi lo stesso percorso storico, fino al riconoscimento del Senato come patrimonio culturale e ancestrale della Colombia. Finalmente il liquore potrà essere distribuito e prodotto come un qualsiasi prodotto alcolico. Da oggi in poi sarà possibile identificare il Messico con il suo Mezcal, il Perù con il Pisco e la Colombia con Il Viche.

Caratteristica particolare di questo liquore è il fatto che da secoli le ricette e la produzione sono state tramandate di madre in figlia come prosecuzione di una mansione che è perdurata nel tempo. Negli anni della schiavitù, gli uomini rimanevano nei campi a lavorare ed a coltivare la canna da zucchero, mentre le donne avevano la possibilità di distillare da quest’ultima il Viche, mescolandolo e aromatizzandolo con i frutti locali.

In base alla regione dove viene prodotto si può trovare aromatizzato con il borojò e il chontaduro chocoano, due frutti che noi europei non conosciamo.

Chissà se con la nuova legge approvata dal senato colombiano prima o poi non venga esportato e commercializzato anche in Europa.

Link e approfondimenti

The Guardian – African-Colombian moonshine gets official seal of approval as heritage drink
El Tiempo – El viche se convierte en ‘patrimonio ancestral y cultural’ de Colombia

Autore: Francesco PennaNera
Editor e copy: Annarita Noschese

Bollettino Errante n.11

Una sola famiglia può fare molti danni

Da giorni la popolazione dello Sri Lanka chiede le dimissioni del Presidente in carica Gotabaya Rajapaksa e dei suoi fratelli che occupano diversi dicasteri all’interno del governo singalese; dieci in tutto. Da giovedì, 7 aprile, le autorità hanno imposto il coprifuoco e la situazione sembra peggiorare sempre di più a causa della profonda crisi economica del paese.

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Bollettino Errante n.10

Bollettino Errante n.10

Devono andarsene dalla porta o dalla finestra

Il 20 dicembre 2019, France Telecom è stata condannata da un tribunale di Parigi per mobbing istituzionale, prima sentenza in assoluto in Francia in questa materia.

La sentenza descrive la responsabilità di France Telecom e del suo management nell’aver provocato il suicidio di diciannove dipendenti e il tentato suicidio di persone alle dipendenze della società, oltre che di casi di depressione non del tutto accertati a causa della reticenza da parte delle vittime.

La strategia dell’ansia

Tra il 2007 e il 2010 France Telecom ha portato avanti i piani Next e Act, tesi alla fuoruscita di 22mila persone e alla mobilità di 10mila su un ammontare totale di 120mila dipendenti.

Secondo il tribunale, i dirigenti hanno fatto pressione sui quadri affinché raggiungessero le quote di licenziamento entro i tre anni stabiliti. Se non avessero assolto al compito avrebbero subito tagli consistenti in busta paga. Secondo le testimonianze emerse durante il dibattimento, il presidente Didier Lombard avrebbe detto: “Devono andarsene dalla porta o dalla finestra”. Alcuni di loro hanno deciso la finestra.

Questo tipo di strategia, secondo i giudici, ha generato un clima ansiogeno all’interno dell’azienda. Le modalità scelte per effettuare gli esuberi sono vietate e hanno alimentato la pressione all’interno dell’ambiente di lavoro.

Il mobbing fa sì che la responsabilità e le colpe passino in modo subdolo al lavoratore che, non avendo nessuna colpa e non capendo il perché tutto stia andando a rotoli, entra in una spirale di depressione. Quest’ultima, a propria volta, non fa che aumentare la competizione all’interno dell’ambiente lavorativo e incrementare comportamenti individualisti ed egoistici all’interno di un ambiente che dovrebbe essere collaborativo.

Anche se tutte le colpe vengono fatte ricadere sul lavoratore, il singolo impiegato non potrà di certo incidere con i propri sforzi sulle prestazioni di una compagnia di dimensioni così grandi come lo era France Telecom.

Le condanne

Il tribunale di Parigi ha condannato quindi con il massimo della pena Didier Lombard, presidente, il suo braccio destro Louis Pierre Wenes e l’ex responsabile delle risorse umane Olivier Barberot.

Gli altri imputati coinvolti nel processo sono stati condannati per complicità in molestie morali e istituzionali.

Ci sono voluti 10 anni per ottenere il verdetto finale, dopo le testimonianze dei parenti e delle vittime.

Didier Lombard ha negato di aver mai proferito le parole a lui attribuite e, d’altra parte, che non avrebbe potuto fare diversamente da come ha agito in quei frangenti. Potendo tornare indietro, ha sostenuto, avrebbe agito nello stesso modo perché è così che vanno le cose.

Conseguenze non sempre positive

La sentenza a favore dei lavoratori però sembra non aver sortito vantaggi di sorta per i francesi. Secondo molti giuristi e sindacalisti, le politiche del Presidente francese Macron hanno ridotto il potere del comitato per la salute, la sicurezza e le condizioni di lavoro e hanno reso più difficile il lavoro dell’ispettorato del lavoro.

Le giustificazioni a tali comportamenti immorali e controproducenti sono sempre le stessa: non si poteva fare diversamente, sono le regole del mercato, se non lo avessi fatto io lo avrebbe fatto un altro al mio stesso posto, e così via.

Senza scomodare esempi lontani da noi, sarebbe meglio far capire a chi ha in mano le redini di una qualsiasi organizzazione, che sia un’azienda o un’ente pubblico o una no-profit, che il valore massimo al quale ambire non è quello del premio che si ottiene raggiungendo un obiettivo, ma è la creazione di un’ambiente sano e profittevole per il bene di tutti nel lungo periodo.

Per chi avesse volontà di approfondire le vicende che hanno segnato le sorti del processo e delle vittime, può trovare un database di articoli sull’argomento sul sito creato dal sindacato Union syndacale Solidaires.

Approfondimenti

MEDIAPART – Après France Télécom: de nouveaux droits pour la santé au travail et l’environnement

Dalloz actualité – De la causalité dans les procès pénaux AZF et France Télécom

Le Monde – Suicides à France Télécom: des dirigeants menacés de poursuites pour harcèlement moral


L’Angola derubata

Le cose successe nel 2020, Covid a parte, non sembrano esser state molte. Almeno stando alle prime pagine di tutte le testate giornalistiche.

Agli inizi dello scorso anno il Consorzio internazionale del giornalismo investigativo (ICIJ) ha rivelato uno scandalo finanziario che ha coinvolto un paese diverso dal solito, l’Angola.

Un team composto da giornalisti di diverse testate tra cui New York Times, BBC e le Monde hanno passato diversi giorni ad investigare su oltre 700 mila documenti che attestano l’enorme quantità di denaro fuoriusciti dall’Angola verso paradisi fiscali e compagnie di comodo.

L’indagine dimostra come la figlia dell’ex presidente del paese Isabel Dos Santos e suo marito Sindika Dokolo abbiano accumulato un patrimonio di quasi 2 miliardi di dollari, sfruttando i privilegi e i vantaggi derivanti dal governo presieduto dal padre da quasi quarant’anni.

Il paese, ex colonia portoghese, è tra i più corrotti e poveri al mondo, con un tasso di vita che non va oltre i sessant’anni. Ciò nonostante è tra i maggiori produttori di petrolio e diamanti del continente africano.

Il consorzio (ICIJ) ha pubblicato documenti e prove di decenni di operazioni commerciali e finanziarie tese a comprare proprietà immobiliari, aziende e asset fuori dal paese per nasconderlo alle autorità fiscali e ai magistrati del paese.

Per anni Sanangol, la compagnia petrolifera statale presieduta da Isabel Dos Santos, ha ricevuto da parte del governo contratti pubblici, licenze in ambito di telecomunicazione, diritti per l’estrazione di diamanti e agevolazioni fiscali.

Non solo. I documenti dimostrano che l’impero della donna più ricca d’Africa comprende un arcipelago di 400 imprese ubicate in 41 paesi, delle quali 94 in località offshore. Queste hanno ottenuto, nel corso del governo di Josè Eduardo Dos Santos, innumerevoli contratti di consulenza, prestiti e appalti per miliardi di dollari dal governo angolano.

Con l’elezione del nuovo presidente nel 2017, Isabel Dos Santos ha perso l’incarico e prima di andare via ha trasferito 38mln di dollari in una associata di Dubai.

Dos Santos ha definito le accuse nei suoi confronti e del marito persecuzioni politiche dovute al cambio di governo nel paese.

L’inchiesta dell’ICIJ ha dimostrato che le élite del continente africano sanno come gestire le regole del mercato finanziario globalizzato: si servono di grandi società di revisione e di grandi banche occidentali.

Isabel Dos Santos ha saputo sfruttare con caparbietà la ricostruzione del paese a seguito della guerra civile (1975-2002) capitalizzando i proventi derivanti dalla vendita del petrolio e dalla quantità enorme di prestiti provenienti dalla Cina e dirottando immense fortune altrove, disperdendoli in innumerevoli rivoli difficilmente rintracciabili.

Autore: PennaNera

Bollettino Errante n.9

Bollettino errante n.9

La strategia del drappo rosso

La diffusione della pandemia causata dal COVID-19 ha accentuato le difficili condizioni di vita delle famiglie povere di tutto il mondo.

In Colombia, molte di queste si ritrovano con le dispense vuote e senza soldi in tasca, perché non possono andare a lavorare o perché il lavoro non ce l’hanno più. E la mancanza di un mezzo di comunicazione come internet non viene certo pensata come una priorità se non hai di che sfamare i tuoi figli, la tua famiglia.

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Bollettino Errante n.8

Bollettino Errante n.8

Messico Dove vanno a finire le persone scomparse

Dal 2006 al gennaio 2019 sono scomparse più di 33 mila persone in Messico. Queste le stime ufficiali uscite fuori dalle denunce di scomparsa fatte negli Stati Uniti Messicani. Un gruppo di giornalisti ha messo su un progetto di ricerca consultabile sul web dal nome “A donde van los desaparecidos”: “Dove vanno le persone scomparse”. Questo progetto ha l’ardito compito di localizzare, tramite mappa, le fosse comuni scoperte dal 2006 fino ad ora.

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Bollettino errante n.7

L’arte africana agli africani?

Sono passati quasi due anni da un annuncio epocale che ha fatto scalpore nell’opinione pubblica e che tuttora è oggetto di dibattito in Francia.
E’ il 28 novembre 2017 e il Presidente francese Emmanuel Macron, durante una visita ufficiale in Burkina Faso, annuncia la necessità per i paesi europei di dare una svolta decisiva alla fase di decolonizzazione; dando il via al processo di restituzione “temporanea” o “definitiva” di manufatti e reperti archeologici sottratti ai paesi sub-sahariani durante il periodo di occupazione.

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Bollettino errante n°6

Bollettino Errante n.6

Lavorare tutti, lavorare di più, guadagnare meno.

Le elezioni europee sono vicine, quindi perché non parlare di ciò che è passato sotto voce in Ungheria.Come di consueto, nello stile dei nostri Bollettini Erranti vi parleremo di una notizia lontana nel tempo ma che interessa ancora i nostri giorni. Parleremo della legge sul lavoro approvato il 12 dicembre scorso dal parlamento ungherese e promosso dal governo di Viktor Orban.

La legge modifica il codice del lavoro e consente alle aziende di chiedere ai propri dipendenti di lavorare di più, oltre il limite massimo di ore annuali. Stiamo parlando di 400 ore di lavoro annuali a fronte di 250 ore della legge precedente.

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Bollettino errante n°5

Bollettino Errante n.5

Al governo cinese marxista-leninista non piacciono i marxisti

Agosto 2018. Il Guangdong, regione della Cina con la più alta concentrazione di industria manifatturiera era scenario da più di un mese di proteste da parte degli operai della Jasic International di Shenzen (fabbrica di macchine per saldature). Gli operai chiedevano maggiori diritti e la possibilità di costituire un nuovo sindacato indipendente. Un gruppo di studenti universitari di ispirazione marxista, proveniente da tutta la nazione si sono incontrati a Huizhou per poter appoggiare il movimento di protesta e per organizzare la contestazione. Ma poco prima di dar man forte agli operai, la polizia ha fatto irruzione nei loro alloggi in assetto antisommossa e li ha portati tutti via con la violenza. Le persone detenute, ancora oggi, sembrano essere 32 e tra gli attivisti vi è Yue Xin (22 anni) divenuta simbolo delle studentesse che si battono per le disuguaglianze, la giustizia sociale e i diritti delle donne in Cina. Precedentemente aveva messo in luce il caso di una studentessa che si era suicidata dopo essere stata violentata da un alto funzionario del partito unico.

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Bollettino errante n°4

Bollettino errante n.4

Arabia Saudita – Ambasciata con delitto

Il 2 ottobre il giornalista Jamal Khashoggi è entrato nel consolato saudita ad Istanbul per richiedere dei documenti dal suo paese d’origine e non ha fatto più ritorno a casa. Da allora non si sono avute più sue notizie. La sua fidanzata turca ha raccontato di aver aspettato per ore fuori dal consolato prima di denunciarne la scomparsa alle autorità.

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Bollettino errante n°3

Bollettino Errante n.3

USA The Big Hack: l’operazione spionistica nel cuore degli USA 

Si tratta dell’attacco hardware più sfrontato della storia dello spionaggio tecnologico se venisse confermato. La rivista Bloomberg Businessweek ha pubblicato un reportage sul possibile attacco da parte dell’esercito di liberazione nazionale cinese a danno di almeno trenta compagnie, tra cui Amazon, Apple, Supermicro. Tutte le aziende coinvolte hanno smentito immediatamente la possibilità di un attacco che ipoteticamente potrebbe aver compromesso la sicurezza di moltissimi data center.

Bloomberg afferma di avere a disposizione 17 fonti affidabili che confermano quello che viene descritto nel reportage e svelano che esiste un’inchiesta top secret che va avanti dal 3 anni.

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