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Tomorrow’s tree - ErrareUmano

Tomorrow’s tree

Primo esperimento di viaggio nel tempo: fallito.

Fallito. Quindi non è andata tanto male, tutto sommato.

È andata ottimamente, aggiungerei.

Ma cominciamo dall’inizio.

Un cameriere meccanico gigante aveva servito un calice con dentro due dottoresse vestite di verde, verde oliva se non sbaglio, facendo molta attenzione a non rovesciarlo.

– E’ grave dottoresse? – domandammo apprensivi quando tornarono giù.

– Sì! – risposero – Ma poteva andare meglio. Per sicurezza, saliamo su a controllare di nuovo: – Cameriereeeee!

Ci reggevamo il collo a vicenda nell’attesa. Ce lo stringevamo per la preoccupazione.

Ahia! Scusa! Di niente. Figurati.

Prendendoci a complimenti per una buona mezz’ora, montammo la macchina del tempo: un quaderno gigante.

– Il principio è molto semplice – dissi agli esimi colleghi ostentando sicurezza. – Basta scrivere ora e giorno e mese e anno e temperatura e altitudine e cosa hai mangiato per colazione e (forse) ci porta dove vogliamo.

– Ma il punto è questo: dove vogliamo?

– 11 settembre 2001? – proposero.

– Troppo triste – respinsi.

– Allora a luglio dello stesso anno.

– Non so se sia proprio meglio.

– Allora diccelo tu che la fai tanto lunga – sbottarono in coro.

Presi fiato, gonfiai il petto e gridai:

– Voglio andare nel 1984!

– Per guardare il grande fratello? – mi chiesero.

– Ma no! Ma no! Quello lo guardo ogni volta che voglio diventare un completo cretino. Ci voglio andare per un’altra ragione… Mi hanno raccontato delle cose, molte cose di quello che accadeva qui, proprio qui. E anche un po’ lì, dove si trova quel calice con le olive dentro servito dal cameriere colossale.

Una piazza, questa piazza, circondata da quattro pareti, come una stanza che ha il cielo per soffitta. Non un semplice cielo in una stanza, attenzione.

E abbatti una, abbatti due, abbatti tre, abbatti quattro, (batti cinque!), e alla fine ti ritrovi un teatro tra capo e collo. Un palco qua, uno là e pareti colorate che se bussi ti rispondono dall’altra parte:

– Fate silenzio! Stiamo seguendo lo spettacolo! A proposito, gradite un caffè?

– Con piacere!

E poi… poi…

– Aspettate! Non serve che ve lo racconti. Tutto questo lo vedremo di persona! – dissi. – Il tempo di indossare gli appositi occhialetti ché la schiuma quantica brucia gli occhi. Dottor Lunedì, mi aiuti lei a tenere aperto il portale.

– Solo se mi prometti che poi torniamo subito – obiettò.

– D’accordo ma smettila di brontolare o mi licenzio.

Eeeeeeeeeee… Eccoci qua! Il 1984. Piazza Risogimento. Battipaglia. Ventottomila gradi farenheit. Cornetto a crema e pistacchio.

– In realtà, esimio, è tutto uguale a prima – mi fecero notare.

– Volete dirmi che è tutto uguale a prima? – mi volli accertare.

– Volete dire che quello non è un prototipo di SUV, progettato proprio nel 1984? Che quella non è una 127 diventata 3008 turbo diesel?

– Cosa mi dite allora della raccolta differenziata. Quella l’hanno inventata proprio in questa piazza, in quegli, ehm, in questi anni… E lui? Cosa mi dite di lui. Un uomo del posto che senz’altro potrà dirci che ci troviamo nel…

– 2019.

Cosa vi dicevo? Fallito. L’esperimento era fallito.

Ma perché tutto continuava ad essere come allora?

Ragazze, bambini, gente che passa e alza lo sguardo, colori che si stropicciano gli occhi e vengono fuori più brillanti di prima. L’albero del domani che continua a dare i suoi frutti, fiori, verdure, passeri e tubature inesauribili.

– C’era solo un po’ di pellicola trasparente – dissero le dottoresse Olive con un grosso sospiro di sollievo.

Da un momento all’altro mi aspettavo di veder comparire marinai, spaventapasseri, sirene, trampolieri con un occhio solo, gente dall’enorme naso rosso. Stava tutto per brulicare come allora, ma allora non c’eravamo ancora.

Oppure, al contrario, il quaderno ha funzionato davvero: siamo già in viaggio, ma semplicemente non ce ne accorgiamo così come non ci accorgiamo del mondo che gira.

– In ogni caso, esimi colleghi, voglio vederci chiaro – dissi togliendomi gli occhiali protettivi.

– Molto meglio – aggiunsi.

Dovevo migliorare la macchina. Non so se ha funzionato, ma qualche messa a punto non sarebbe male.

– Non voglio andare via – protestò il dottor Lunedì.

– Non lo farai – gli risposi – Ormai sei in viaggio pure tu. Tieni con te il righello dimensionale e conservalo a costo della merenda.

Domani, domani faremo un altro tentativo.

Ispirato ai racconti sul Festival Internazionale di Teatro per ragazzi ideato da Carmine Battipede, il racconto è dedicato a lui, a Umberto Vota, l’autore dei murales, e a tutti quelli che, passando di lì alzano lo sguardo e si meravigliano.

PROGETTO SPES

Autore: Francesco Di Concilio
Cover design: Ivo Guderzo

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