Premessa
Talidomite.
La prima volta che ho sentito pronunciare questa parola sarà stato nel 2011, durante una delle prime lezioni del corso universitario di Organocatalisi in programma per il primo semestre del secondo anno della mia laurea magistrale.
Un nome che nasconde un mondo vastissimo. La parola talidomide racchiude in sé una storia fatta di patologie mediche gravi, tanto dolore, ma anche grandi passi nel campo della medicina, della farmacologia, della farmacovigilanza, ed in ultimo, ma non meno importante, della chimica. La vicenda che sto per raccontarvi ha fatto da spartiacque e ha sensibilizzato, e continua a sensibilizzare, chimici con anni di esperienza ed in erba che forse contribuiranno alla sintesi di nuovi farmaci, e a sconfiggere e curare diverse patologie, migliorando la qualità della vita di tutti noi.
Dopo più di dieci anni, ritorno alle origini ed alla talidomide tramite l’ascolto casuale del podcast “Pharmakon”: ascolto che consiglio, perchè permette di capire, anche a chi non è del settore, tutti gli aspetti sopra citati che la talidomide porta con sé.
Personalmente ho colto l’occasione per riflettere ancora una volta sull’argomento, su alcuni concetti che sono alla base della chimica, fondamentali per la sintesi di farmaci, ma anche per capire come funziona la chimica all’interno del nostro corpo.
Piccola storia di un disastro imprevedibile
La talidomide è stata sintetizzata per la prima volta nel 1953 da un’azienda farmaceutica svizzera, la Ciba, e l’anno successivo dalla Chemie-Grünenthal. Questa molecola suscitò subito enormi interessi perché condivideva con i barbiturici gli effetti sedativi, ma non gli effetti collaterali (confusione, mal di gola, dolori muscolari, ecc).
Inoltre, all’epoca della sua scoperta, non fu possibile stabilire per la talidomide la cosiddetta “DL50” (dose letale, da somministrare in un’unica soluzione, necessaria ad uccidere il 50% della popolazione oggetto dello studio), dato invece ben noto per i cugini barbiturici.

Inizialmente la talidomide venne impiegata come sedativo e come antiemetico, e proprio per questi motivi venne prescritto alle donne in gravidanza allo scopo di combattere la nausea tipica del primo periodo della gestazione.
Qualche anno dopo l’immissione sul mercato, però, si scopre che la talidomide possiede effetti teratogeni, ovvero provoca danni all’embrione se viene assunto durante le prime fasi della gravidanza. Furono circa 10000 i bambini nati con malformazioni e neuropatie periferiche da talidomide, principalmente focomelie a carico di braccia, mani e/o piedi furono i principali effetti avversi osservati per questo principio attivo.
Tuttavia il numero appena citato potrebbe rappresentare una sottostima, in quanto non tiene conto di bambini morti dopo il parto o mai nati a causa di aborti (spontanei). Si può quindi affermare con certezza che non si conoscerà mai il numero esatto di vittime da talidomide.
In seguito venne osservato che gli effetti teratogeni si manifestano in seguito ad assunzione tra il 20° e 36° giorno dal concepimento, finestra temporale abbastanza precisa e ristretta in cui c’è un rapido sviluppo embrionale; inoltre, una singola pillola è sufficiente per provocare effetti teratogeni.
Tutto quello detto finora riguarda principalmente il continente europeo. Negli Stati Uniti la tragedia della talidomide fu evitata grazie alla dott. Frances Kelsey, farmacologa americana di origine canadese, membro del neonato ente americano per la sicurezza degli alimenti e dei farmaci FDA, che non approvò la domanda di accettazione del farmaco nel mercato americano statunitense a causa dei casi già presenti, ma non pienamente collegati all’assunzione di talidomide, di neuropatie periferiche, e per la mancanza di prove sufficienti, ma non richieste dalla legislazione vigente all’epoca, che ne attestassero la sicurezza in gravidanza.
Dopo numerosi studi, gli effetti teratogeni della talidomide vennero attribuiti alla sua struttura chimica, ovvero due differenti anelli uniti da un carbonio chirale, che è un carbonio legato a quattro differenti funzionalità chimiche. Nello specifico, l’anello a sei termini (esagono sulla destra nell’immagine sottostante) ha un carbonio legato ad un atomo di azoto N e ad altri due carboni C, legati a propria volta a due atomi di carbonio differenti. Il legame con l’atomo di azoto sull’anello a cinque termini (pentagono sulla sinistra) è evidenziato con una linea in grassetto nella forma R e con un legame tratteggiato nella forma S; per convenzione, il legame in grassetto indica che gli atomi legati a quel legame escono fuori dal piano, puntando verso il lettore, al contrato il legame tratteggiato indica che gli atomi legati a quel legame puntano al di là del piano, andando in direzione opposta a quella del lettore. Quindi in sostanza questa differente disposizione spaziale dà vita a due molecole differenti da un punto di vista tridimensionale, una con effetti anti-emetici ed una con effetti teratogeni. Entrambe le molecole vanno sotto il nome di talidomide, ed il farmaco della Chemie-Grünenthal e delle altre case farmaceutiche aveva entrambe le forme al 50%: si parla in questo caso di racemo.

A lungo ci si è chiesti se questa che è a tutti gli effetti una tragedia poteva essere o meno evitata. La risposta è no: la Chemie-Grünenthal, l’azienda tedesca che per prima produsse il farmaco, eseguì tutti i test richiesti dalla legislazione dell’epoca. A seguito delle note vicende, l’azienda avrebbe potuto chiedere scusa. Cosa che fece solo nel 2012, 61 anni dopo.
In Italia una delle prime leggi che prevedono un indennizzo per le vittime da talidomide è stata emanata nel 2007; il nostro fu uno dei paesi in cui il farmaco subì il ritiro dal mercato con un ritardo di circa tre settimane rispetto agli altri paesi.
Link ed approfondimenti
- Thalidomide: Tragic Past and Promising Future, S. V. Rajkumar, Mayo Clin Proc. 2004, 79, 899-903.
- The evolution of thalidomide and its IMiD derivatives as anticancer agents, J. B. Bartlett, K. Dredge, A. G. Dalgleish, Nature 2004, 4, 314-322.
- Thalidomide-Induced Teratogenesis: History and Mechanisms, N. Vargesson, Birth Defects Research (Part C) 2015, 105, 140-156.
- Thalidomide: The Tragedy of Birth Defects and the Effective Treatment of Disease, J. H. Kim, A. R. Scialli, Toxicological Sciences 2011, 122, 1-6.
Autrice: Annarita Noschese
Editor: Francesco Pennanera