Una volta padre Nicanor portò al castagno una scacchiera e una scatola di gettoni per invitarlo a giocare a dama, ma José Arcadio Buendía non accettò, affermando che non aveva mai potuto capire il significato di una contesa tra due avversari che erano d’accordo sui principi. Padre Nicanor, che non aveva mai considerato il gioco della dama da quel punto di vista, non riuscì più a giocarlo.
Cent’anni di solitudine, Gabriel Garcia Marquez
È vero, l’esordio non sembra dei migliori, ma in questo passo del romanzo di G. G. Marquez viene messo in evidenza un aspetto fondamentale del gioco della dama: la concordanza degli avversari nel riconoscere delle regole e dei principi in un confronto aperto. Si potrebbe controbattere asserendo che in tutti i giochi è necessario accordarsi e accettare le regole che il gioco impone. Per la dama non è così e lo scopriremo più avanti.
Una storia medievale o forse no
La dama non ha una storia nobile quanto quella degli scacchi. E’ possibile far risalire le sue origini al gioco della petteia greca o del latrunculi romano, anche se è impossibile conoscere con certezza le regole e quindi è difficile dire che la dama faccia parte di quell’antica famiglia di giochi. I giochi di tavoliere sono presenti da quando è nato l’uomo. Sono presenti testimonianze riconducibili alla Mezzaluna Fertile e all’Egitto predinastico. Probabile è il fatto che la dama sia nata nel medioevo, molto meno probabile è capire l’origine geografica del gioco: alcuni storici collocano la nascita della dama come la conosciamo oggi in Provenza intorno all’anno mille con la trasposizione delle ferse dell’alquerque su una scacchiera.
FERSA: Pezzo medievale degli scacchi molto simile alla regina degli scacchi ma molto meno potente. Muoveva in diagonale come fa oggi una pedina della dama moderna.
Successivamente i marinai delle Repubbliche Marinare hanno dato l’impulso alla diffusione del gioco in tutto il Mar Mediterraneo. Fatto strano è che a diffondersi sarà la variante spagnola invece di quella italiana.
Nel corso del XVI secolo i giocatori spagnoli sono tra i più forti al mondo ed è in Spagna che viene pubblicato il primo trattato nel 1547 da Antonio di Torquemada.
Altri storici, di origine fiamminga, ipotizzano l’etimologia del nome non dal francese jeu de dames ma dal sostantivo dam cioè diga, facendo riferimento all’ultima riga che le pedine devono raggiungere per essere promosse.
Il gioco prende piede anche per altri motivi. Papi e re sopportano malvolentieri il gioco d’azzardo. Il gioco dei dadi è tra i più perseguitati, ma nemmeno gli scacchi sono tollerati. Papa Alessandro II vieta gli scacchi a seguito delle rimostranze di Pier Damiani, teologo e dottore della Chiesa nonché santo. Re Luigi IX detto “il Santo” e che poi santo lo diventò per davvero (san Luigi di Francia) decise di punire e proibire blasfemia, usura, prostituzione e gioco d’azzardo. Tra questi proibì anche gli scacchi perché considerati un gioco arabo. Probabilmente la sua opinione fu influenzata dalla prigionia in Terrasanta e dal fanatismo crociato. Anche a chi era ordinato cavaliere templare viene vietato il gioco degli scacchi, la dama così diventa un’alternativa che aggira i divieti.
Nel XV secolo il gioco si innova: nasce la regola del soffio, con la conseguente divisione in due varianti del gioco.
Variazioni sul tema
Il gioco della dama si è prestato a diverse varianti a seconda del luogo e delle esigenze dei giocatori. In Italia si gioca sulla classica scacchiera 8×8 con la differenza che la prima casella in basso a destra deve essere nera e non bianca; basta ruotarla di 90 gradi.
I giocatori hanno a disposizione 12 pedine disposte sulle prime tre file nelle caselle nere. È possibile mangiare la pedina avversaria adiacente saltandola ed è possibile farlo anche consecutivamente mangiandone più di una. Quando una pedina raggiunge l’ultima fila viene promossa a dama e a questo punto può muoversi sempre di una sola casella, come la pedina, ma in tutte le direzioni e non solo in avanti. La dama può essere mangiata solo da un’altra dama e mangiare in Italia, come sanno tutte le mamme e le nonne, è obbligatorio. Il fine ultimo è mangiare tutte le pedine avversarie o bloccarne il movimento.
In Spagna le dame possono spostarsi di quante caselle si vuole e alle pedine è permesso mangiarle.
In Olanda la damiera è 10×10, in altri paesi come il Canada e Singapore addirittura 12×12, e a differenza di tutte le altre è possibile mangiare anche all’indietro. Cosa concessa anche nella cosiddetta dama Polacca che nasce nel XVIII secolo a Parigi dall’invenzione di un ufficiale polacco ospite della corte del re di Francia.
Poi c’è la dama frisia, diffusa soprattutto nella regione settentrionale dei Paesi Bassi che permette alle pedine di muoversi anche in verticale o orizzontale. Infine, la variante più recente creata dal game designer Christian Freeling e che è denominata dameo, in cui le pedine sono 18 per giocatore e vengono disposte a formare un trapezio, con movimenti e modalità di mangiare diversi.
Ecco perché è molto importante che i due contendenti sappiano e si mettano d’accordo su quali regole fondare il loro confronto sulla damiera. È molto importante concordare l’obbligo di mangiare e i movimenti consentiti.
Cultori ed estimatori
Letteratura
La dama viene considerata generalmente un gioco minore rispetto agli scacchi, ma non sono poche le opere in cui viene citata. Edgar Allan Poe ne parla ne “I delitti della rue Morgue” elogiandone gli aspetti positivi a dispetto di G. G. Marquez nella citazione iniziale.
E dunque approfitto dell’opportunità per affermare che la capacità di riflessione, quando c’è, si esprime più nell’assai modesto gioco della dama che non nelle complesse vacuità degli scacchi. In quest’ultimo gioco i pezzi sono dotati dei movimenti più bizzarri, diversi, che obbediscono a molteplici variabili, e la complessità viene scambiata per profondità. È un errore piuttosto comune.
Negli scacchi assume un ruolo determinante l’attenzione. Se la si allenta anche solo per un istante, ecco la svista – e conseguentemente il danno o la sconfitta. Le mosse possibili sono multiformi e anche complesse, e quindi anche le possibilità di errore si moltiplicano. In nove casi su dieci chi vince è il giocatore più attento, non il più abile.
Al contrario, nel gioco della dama le mosse sono sempre quelle, con poche varianti; e pertanto si riducono le possibilità di danni dovuti a distrazioni. L’attenzione non dev’essere costante, così ognuno dei contendenti può progredire nella partita grazie al proprio acume. Facciamo un esempio concreto: immaginiamo una partita a dama con quattro pedine soltanto, senza cioè che siano molto probabili le sviste. I giocatori si trovano in una situazione di parità perfetta e dunque la vittoria potrà essere assegnata solo da una mossa recherchée, abilissima, quale può scaturire unicamente da un’intensa applicazione dell’intelletto. Ecco dunque che il giocatore dotato di facoltà analitiche penetra nello spirito dell’avversario, si identifica con esso e individua con un colpo d’occhio la via talora incredibilmente semplice per attirarlo nell’errore o per fargli eseguire un calcolo errato.
I delitti della Rue Morgue, Edgar Allan Poe
Nel capitolo XXII intitolato “i giochi di Gargantua” François Rabelais elenca una serie di giochi che spaziano dalle carte, ai dadi e ai giochi da tavoliere e tra questi la dama.
Poi, borbottando alla grossa un tocco d’orazione di ringraziamento, si lavava le mani con
Gargantua e Pantagruele di François Rabelais
vin fresco, si curava i denti scarnificando un piede di maiale e chiacchierava allegramente coi suoi.
Quindi, steso il tappeto verde, mettevan fuori mucchi di carte, di dadi e scacchiere.
E là giocava: a goffo, a primiera, a rubamazzo, … a dama, a babuino, …
In Guerra e pace, Tolstoj parla della battaglia di Borodino come di una partita a dama dove i giocatori si mangiano l’un l’altro senza soluzione di continuità. Un gioco al massacro che rende bene l’idea di quello che fu lo scontro della battaglia della Moscova e delle perdite in termini umani.
In pittura
Nell’arte pittorica sono famosi i ritratti di Henri Matisse in cui ritrae i figli che giocano a dama o le esotiche odalische accompagnate da damiere che spaziano dalla classica alla polacca 10×10.
Il portoghese Abel Manta ritrae una coppia intenta a fronteggiarsi nel dipinto Game of Checkers (visibile qui) mentre lo statunitense afroamericano Palmer C. Hayden raffigura un gruppetto di persone sul ciglio della strada che gioca con le caratteristiche pedine rosse e nere (visibile qui).
Nel cinema
Anche la settima arte non è da meno e sono molte le citazioni che potremmo prendere in considerazione. Una damiera rossa e nera compare nel primo Toy Story. Slinky (il cane molla) in una scena invita Woody a giocare una partita veloce raddrizzando le pedine che si sono spostate. Da notare che forse è l’unico gioco in tutto il film che non ha anima propria.
In “La bottega del Barbiere”, commedia del 2002, è presente un personaggio secondario, Fred, che fa da sfondo allo scenario e resta semplicemente all’interno del barber shop seduto a giocare la dama, uno stereotipo diffuso.
Nel primo film di Ermanno Olmi, “Il tempo si è fermato” racconta la vita di due operai che devono restare a sorvegliare il cantiere di una diga sull’Adamello durante la pausa invernale.
Il film esordisce con le battute finali di una partita di dama. Il protagonista più anziano inizia ad urlare all’avversario più giovane in dialetto lombardo “guarda che sei obbligato a mangiare! Mangia! Mangia!” e con immensa soddisfazione dopo la mangiata obbligatoria l’operaio inizia a saltare di seguito tutte le pedine accompagnando ogni salto con dei “cepum, cepum, cepum”.
Nel film del 1942 “4 passi fra le nuvole”, invece, Gino Cervi è un rappresentante di cioccolatini che si ritrova a giocare una singolare partita a dama con un vecchietto a cui è stato proibito di fumare e mangiare dolci. Il vecchietto propone di usare i cioccolatini come pedine e Paolo Bianchi (Gino Cervi) lo accontenta. Dopo le prime mosse il vecchietto è obbligato a mangiare e il giovane glielo fa notare, così senza neanche pensarci due volte il vecchietto salta la pedina e una volta presa quella avversaria se la mangia sotto gli occhi sconcertati del rappresentante di cioccolatini.
Ho scelto la dama per inaugurare questa rubrica dedicata alla storia dei giochi, perché è stato uno dei primissimi che ho imparato a giocare. Di questo ringrazio l’enorme pazienza di mio nonno che da piccolo mi ha insegnato le basi e ha continuato ad allenarmi fin quando gli è stato possibile farlo.
A imperituro ricordo rimarrà la damiera con cui ho giocato con lui per interminabili pomeriggi insieme e quella pedina mancante che gli farà sempre compagnia.
Autore: Francesco PennaNera
Cover design: Sheila Havziart
Consigli d’arte: Martina Colombi