Matteo Mingoli – I poeti hanno volti deformi Casa editrice: Haiku, Anno di pubblicazione: 2017 Genere: poesia
Pubblicare un libro di poesia è oggi – come sottolineato da Flavio Carlini nell’introduzione al volume – un atto di grande coraggio, fuori da qualsiasi logica editoriale. Eppure, fare poesia oggi non significa essere fuori dal tempo: lo dimostra Matteo Mingoli con la sua raccolta I poeti hanno volti deformi, edita da Haiku nel 2017. I suoi versi non sono concilianti, anzi: svelano una realtà faticosa, addolorata, complessa. Allo stesso tempo, però, sono luce: il poeta è colui che – citando Calvino – sa “riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Il poeta riesce a dare ordine al caos e al disordine; ha un volto deforme perché spesso appare, a chi lo legge o lo ascolta, fuori dal comune… Ma è portatore di verità. La poesia, dunque, è necessaria ancora più di prima, perché è strada per giungere alla bellezza.
Particolarmente efficace è lo stile di Mingoli, equilibrato e preciso ma allo stesso tempo semplice e comunicativo. La sua è una poesia che riesce davvero a parlare a tutti, senza essere oscura o ambigua. È una poesia sincera, per contenuti e linguaggio. Anche la scelta del lessico, puntuale senza essere ricercato, contribuisce al raggiungimento di questo obiettivo.
Immagini ricorrenti delle poesie della raccolta sono il dolore, lo straniamento, l’oscurità, da cui faticosamente chi scrive cerca di liberarsi o in cui individua una strada da percorrere. Ma anche l’amore, lo sforzo vitale e la capacità di resistere e cercare la luce.
Autrice: Martina Colombi Editing: Annarita Noschese Copy editing: Francesco PennaNera
Corsi e ricorsi storici, questa volta in campo musicale.
Se gli anni ’60 e ’70 videro protagonisti della scena musicale internazionale i Beatles ed i Rolling Stones, gli anni ’90 hanno visto contrapporsi, più per scelte giornalistiche che per propria volontà, i due gruppi di maggior spicco del britpop, ovvero i Blur e gli Oasis. Questa contrapposizione sfociò in una vera e propria battaglia il 12 agosto 1995, ovvero 25 anni fa, quando vennero pubblicati, nello stesso giorno, i singoli Country House dall’album The Great Escape dei Blur, e Roll with it da (What’s the Story) Morning Glory degli Oasis.
Le vendite dichiararono vincitori i Blur, sebbene successivamente furono gli Oasis a fare breccia nel difficile mercato musicale statunitense. Noi non ci schiereremo né da una né dall’altra parte, perché entrambe le band hanno saputo, nel corso della loro carriera, elaborare in maniera diversa, ma ugualmente originale e personale, i suoni tipici di band come i The Kinks o degli stessi Beatles.
L’ispirazione I
La canzone al centro della rubrica Note a Margine di oggi è Tender, che ha un’ispirazione a matrioska, ovvero la prima ne contiene un’altra; queste due sono, nell’ordine, Tenera è la notte, romanzo di F. Scott Fitzgerald, e Ode to a Nightingale (Ode all’usignolo) del poeta inglese John Keats.
Il romanzo di Fitzgerald è stato rielaborato più volte; ne esistono infatti almeno cinque versioni, e la quarta è quella che ha visto la prima pubblicazione in quattro puntate nel 1934 sulla rivista Scribner’s Magazine. Fernanda Pivano ne ha curato la traduzione della versione italiana della quinta versione del romanzo, uscita nel 1949.
La vicenda si svolge sulla Costa Azzurra, ed è incentrata su diversi personaggi, perlopiù appartenenti all’alta borghesia; tuttavia il principale è lo psichiatra americano Dick Diver, che si innamora di Nicole Warren, che diventerà poi sua moglie. Tuttavia Dick conoscerà Rosemary Hoyt, una giovane attrice americana, con la quale intraprenderà una relazione clandestina, che però troncherà:
Buona notte bambina. È un gran peccato. Dimentichiamo tutto questo… Tanta gente si innamorerà di te e sarà più bello incontrare il tuo primo amore tutta intatta, anche emotivamente. È un’idea antiquata vero?
Alla fine del romanzo, Dick perderà anche la moglie, e ritornerà definitivamente negli Stati Uniti.
L’ispirazione II
Illustrazione di W. J. Neatby (1899)
Il titolo finale del romanzo Tenera è la notte compare solo in uno degli ultimi rimaneggiamenti del testo, ed è ispirato ad un verso dell’Ode all’usignolo di John Keats:
Away! away! for I will fly to thee, Not charioted by Bacchus and his pards, But on the viewless wings of Poesy, Though the dull brain perplexes and retards: Already with thee! tender is the night, And haply the Queen-Moon is on her throne, Cluster’d around by all her starry Fayscluster’d But here there is no light, Save what from heaven is with the breezes blown Through verdurous glooms and winding mossy ways.
Via! via! perché volerò da te, Non portato in cocchio da Bacco e dai suoi leopardi, Ma sulle invisibili ali della Poesia, Anche se l’opaco cervello si disorienta e indugia: Già con te! tenera è la notte, E per caso la Luna-Regina è sul suo trono, Circondata da tutte le sue fate stellate Ma qui non c’è nessuna luce, Eccetto quella che è soffiata dal cielo con le brezze Attraverso le verdeggianti oscurità e i serpeggianti muschiosi sentieri.
Keats scrisse quest’ode nel 1819, all’età di soli 23 anni (sarebbe morto due anni dopo); fu ispirata dal canto di un usignolo che aveva fatto il nido nelle vicinanze dell’abitazione del poeta inglese e fu conclusa in un solo giorno.
Il poema è basato sul contrasto tra usignolo e poeta, con il primo che ha guadagnato l’immortalità tramite il canto suo e della sua specie, mentre il secondo deve rassegnarsi alla sua natura mortale. Infatti, tutte le parole e verbi negativi sono legati al poeta, mentre tutte le espressioni positive sono legate all’usignolo.
In quest’ottica dualistica, la poesia rappresenta l’unione tra i due mondi, quello del poeta e quello dell’usignolo, e l’immaginazione in essa contenuta è la chiave con la quale in poeta può entrare nel mondo dell’usignolo. Allora ci si accorge di una triste realtà, ovvero che anche il mondo dell’usignolo è caratterizzato da una propria infelicità.
L’unico modo per il poeta per sfuggire alla sua natura mortale è, paradossalmente, la morte stessa.
La canzone
“Tender” è il primo singolo estratto dall’album “13” pubblicato nel marzo 1999.
Il testo è un inno alle piccole cose che costruiscono la nostra intimità, ed è al tempo stesso, un inno all’amore, l’unico sentimento che può guarirci e migliorarci.
“Lord I need to find Someone who can heal my mind”
“Love’s the greatest thing That we have I am waiting for that feeling to come”
“Oh Signore, ho bisogno di trovare Qualcuno che possa guarire la mia anima”
“L’amore è la cosa più grande Che abbiamo Aspetto di viverlo”
Tra le immagini che creano un mondo intimo, c’è quella di un fantasma, anzi, dei propri fantasmi, ai quali si è così legati così come una persona rapita ama il proprio rapitore; questi fantasmi aspettano la notte per risalire dal profondo della nostra anima, e la logorano.
“Tender is the ghost The ghost I love the most Hiding from the sun Waiting for the night to come”
“Tenero è il fantasma, Il fantasma che amo di più Si nasconde dal sole Aspettando che venga la notte”.
L’effetto globale è quello di una preghiera universale, che supera i confini dello spazio e del tempo, ed abbraccia tutti nel nome dell’amore stesso. Questo aspetto è sottolineato nel ritornello dall’uso di un coro gospel; nella versione del disco il ritornello è stato affidato alla London Community Gospel Choir.
Una curiosità: la prima esibizione dal vivo dei Blur con questa canzone risale a Sanremo ’99.
L’ascolto
Le versioni di “Tender” di cui vi consigliamo l’ascolto sono essenzialmente due.
La prima è quella del video ufficiale, che rappresenta una registrazione del brano ripresa in bianco e nero, che rende tutto più intimo:
La seconda è quella di un Rockin’1000, dove piu’ di mille persone si riuniscono attorno ad un fuoco per cantare e suonare insieme una canzone, in questo caso “Tender”. Questa modalità di esecuzione rende tutto più corale ed universale.
Con lo special “Black lives matter” abbiamo fatto un excursus tra alcune delle canzoni più rappresentative dell’apartheid negli Stati Uniti e molte cose, anche se attenuate, non sono poi cambiate molto. La violenza sugli uomini con un colore di pelle diversa c’è ancora e si manifesta molte volte con le sembianze di persone in uniforme.
Il brano scelto questa volta nasce da una poesia di Abel Meeropol che rimase impressionato da una foto scattata dal fotografo Lawrence Beitler il 7 agosto 1930. La foto ritraeva l’atto finale del linciaggio e successiva esecuzione di due persone di colore, J. Thomas Shipp and Abraham S. Smith. Da quelle espressioni soddisfatte viste nel ritratto, l’insegnante ne trasse notti insonni e piene di tormenti interiori che sfociarono in una poesia “Bitter Fruit” (Frutto amaro).
Southern trees bear strange fruit Blood on the leaves and blood at the root Black bodies swinging in the southern breeze Strange fruit hanging from the poplar trees
Gli alberi del Sud portano uno strano frutto Sangue sulle foglie e sangue alla radice Corpi neri oscillano nella brezza del sud Strani frutti appesi agli alberi di pioppo
L’opera venne pubblicata sul giornale dell’unione sindacale degli insegnanti sotto lo pseudonimo di Lewis Allan, i nomi dei figli scomparsi prematuramente, e da lì inizio a comporre una canzone sulla base di quei versi.
La sensibilità del brano colpì Billie Holiday che insieme al suo pianista Sonny White riarrangiò la canzone per farne uno dei brani più significativi e struggenti della storia del jazz.
Here is fruit for the crows to pluck For the rain to gather, for the wind to suck For the sun to rot, for the trees to drop Here is a strange and bitter crop
Ecco il frutto che i corvi beccano Che la pioggia coglie, che il vento succhia, Che il sole fa marcire, che gli alberi fanno cadere, Ecco un raccolto strano e amaro.
Il linciaggio
Al linciaggio avvenuto in quell’agosto del 1930 in pieno centro a Marion (indiana) fu coinvolta una terza persona, James Cameron, anche lui in arresto con Ship e Smith senza alcuna prova e in cella prima di essere giudicato. I tre vennero presi dalla folla infuriata e portati presso l’albero che avrebbe sancito la loro morte.
James si salvò dall’impiccagione e lascio/lasciamo a lui la testimonianza diretta di quei momenti terribili.
E ho guardato i volti delle persone mentre mi picchiavano lungo la strada per l’albero. Stavo supplicando una sorta di misericordia, cercando una faccia gentile. Ma non ne ho trovato nessuno. Mi hanno portato all’albero e hanno preso una corda e me l’hanno messa al collo. E hanno iniziato a spingermi sotto l’albero. Ed è allora che ho pregato Dio. Dissi: “Signore, abbi pietà, perdona i miei peccati”. Ero pronto a morire. Intervista tratta dalla National Public Radio.
Intervista a James Cameron tratta da National Public Radio (NPR)
All’improvviso una persona in piedi sul cofano di un’auto ha gridato. “E’ innocente, non l’ha fatto”.
Cameron si salvò, tornò in cella e scontò 4 anni in carcere per un caso che non fu mai risolto.