Di censura non si cresce

L’attenzione mondiale verso i diritti delle donne ha subito un brusco innalzamento da due anni a questa parte, portando la sensibilità comune a fare nuove ed ulteriori riflessioni su quest’argomento: la prova di tutto ciò è racchiusa nella nascita di molti movimenti a difesa delle donne, come #metoo e NiUnaMenos,

E’ sotto gli occhi di tutti che, ad esempio, in ambito lavorativo la donna percepisce uno stipendio mensile inferiore ad un suo collega maschio che svolge la stessa mansione, e che sono poche le donne che occupano posizioni di elevata responsabilità all’interno delle aziende.

Sempre parlando del ruolo della donna, è ben nota l’influenza che ha avuto l’industria della pubblicità degli anni ‘50 dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La casalinga perfetta coi suoi capelli sempre curati, con la sua cucina perfetta e i suoi scintillanti elettrodomestici, tutto per lei, fatto appositamente per lei. Senza pensare che molte donne durante gli anni di guerra avevano sostituito i mariti e i fidanzati in tutte le mansioni quotidiane che mantenevano il paese in piedi, dal lavoro in fabbrica ai lavori d’ufficio.

Nonostante ciò, sembra che uomo e donna rivestano ancora oggi ruoli ed importanza differenti nella società in nome di una presunta diversità, e varie strategie, quali l’adozione di quote rosa, hanno cercato di diminuire il gap tra i due sessi per rendere le donne autonome nella società tanto quanto gli uomini.

In quest’ottica, è fondamentale l’educazione delle giovani generazioni, che avviene in primis tramite l’esempio datogli dagli adulti, ed in secondo luogo dalle espressioni culturali popolari e di massa.

Le favole sono tra le espressioni artistiche più adatte ai bambini, e sono così amate perché fanno sognare, lasciano libera l’immaginazione tramite la concretizzazione di desideri, che prima o poi si realizzeranno anche nella realtà, seppur dopo molte difficoltà. Bisogna lottare strenuamente e mai lasciarsi fermare dagli altri.

Pensiamo ad alcune favole, come ad esempio Biancaneve e i Sette Nani e Cenerentola. Sebbene si distacchino un po’ dalle versioni originali della tradizione orale popolare e da quelle dei Fratelli Grimm, le versioni più conosciute e diffuse alle quali tutti noi ad oggi facciamo riferimento sono le quelle dei lungometraggi Disney.

Per quale motivo, una volta adulti, quei bambini dovranno ricordare quelle favole?

Pensateci un attimo.

L’attrice Keira Knightley in un’intervista all’“Ellen DeGeneres Show” dell’ottobre 2018, ha dichiarato: “Mia figlia non vedrà le favole Disney, sono sessiste”.

Le accuse di sessismo sono ben presto spiegate: le menzionate favole, ad esempio, hanno in comune uno stesso personaggio, ovvero un principe azzurro che corre a salvare l’amata in difficoltà, quasi come a dire che le donne, per essere salvate, hanno bisogno necessariamente di un uomo. Beh, fin qui nulla da dire, sono d’accordo con la Knightley: ogni donna deve essere forte ed indipendente, deve realizzare le proprie aspirazioni in maniera autonoma da una presenza maschile (o anche femminile) nella propria vita.

Pensando a Cenerentola, le scene alle quali sono più legata sono due: quella in cui le sorellastre di Cenerentola, Anastasia e Genoveffa, cercano di prendere lezioni di canto in maniera piuttosto impacciata, mentre la seconda è quella della creazione dell’abito per il gran ballo presso il castello del Principe, abito cucito con cura e maestria dai simpatici topolini amici di Cenerentola. Per chi non dovesse ricordare le due scene, ecco qui i link:

Anastasia e Genoveffa sono palesemente incapaci di cantare e di suonare, ma nonostante ciò si ostinano a prendere lezioni di musica. Da un lato credono così tanto in loro stesse da essere cieche di fronte alla loro mancanza di talento, ma allo stesso tempo sembrano suggerirci sottovoce di non prenderci mai troppo sul serio, di essere, talvolta, “leggeri” (non superficiali) nelle cose della vita e sottolineano quanto la dimensione del gioco sia importante, e di quanto sia importante, al di là di tutto, coltivare le proprie passioni.  

I topolini invece hanno un ruolo chiave nella storia, perché, pur di aiutare Cenerentola ad andare al ballo al castello, sacrificano il loro tempo rischiando anche di essere inghiottiti nelle fauci del malefico gatto Lucifero. (Da notare che il nome del gatto è quello dell’angelo caduto, giusto per porre l’accento sugli stereotipi associati a un semplice cartone animato, anche quando questo è un capolavoro). Ad ogni modo le loro azioni testimoniano il valore fondamentale dell’amicizia, e di come il supporto degli amici “che si fanno in quattro per te” sia essenziale in alcuni momenti della nostra vita per raggiungere i nostri obiettivi e desideri.

Un concetto simile è espresso in Biancaneve, nello specifico quando gli animali corrono a chiamare i nani in miniera per cercare di salvarla, dato che sta per dare un morso alla mela avvelenata, “gentilmente” offerta dalla Matrigna cattiva (altro stereotipo come quello del gatto dal nome diabolico) trasformatasi in una dolce vecchina. In entrambi i casi, non sono delle persone che offrono il loro aiuto, ma sono gli animali che corrono in aiuto di chi ha bisogno, in maniera spontanea e istintiva, senza che vi sia un tornaconto o un vantaggio.

Le favole ci offrono molteplici spunti di riflessione, e la Knightley non riesce a spalancare la porta del loro mondo, assumendo una visione distorta, parziale e ristretta. E’ vero che per natura cerchiamo in ciò che ci circonda ciò che è più vicino ai nostri ideali, ma questo ci può precludere altre e nuove esperienze, altri e nuovi significati delle cose.

L’atteggiamento della Knightley è frutto di ciò che ha imparato guardando quegli stessi cartoni, che ora vieta alle sue figlie: allora perché non spiegare in maniera chiara e diretta alcuni comportamenti sessisti celati in questi lungometraggi? Spesso consideriamo i bambini come esseri passivi, che devono fare tutto quello che gli adulti impongono, senza porre ulteriori domande. La curiosità dei bambini va alimentata con il dialogo, perché sono in grado di capire le cose, qualora gli vengano spiegate.

E poi, in fondo, siamo tutti dei bambini, che hanno bisogno del confronto con gli altri per capire il mondo che ci circonda e per crescere un po’ ogni giorno, perché la verità non è mai una sola, la verità ha sempre mille facce, e nasconderne alcune non farà che aumentare l’ottusità immotivata e cieca.

Se l’obiettivo è ridurre il gap tra uomo e donna ed eliminare atti sessisti di discriminazione, bisogna iniziare proprio dai bambini, e ciò è possibile solo fornendo a questi ultimi tutti gli strumenti necessari a capire come raggiungere la parità tra i sessi.

La censura non ha mai fatto bene a nessuno.

Autrice: Annarita N.
Cover designer: Valerio Ichikon