Il suo nome d’arte è Combo, o Culture Kidnapper. Il suo grido di battaglia è “Fear no one, fear nothing”.
La sua missione è quella di far cadere veli, superare barriere, creare occasioni di incontro e di dialogo. E di farlo sulla strada, perché “La strada è un museo che frequentiamo ogni giorno […] Quindi, se si vuol passare un messaggio, meglio esporre per strada che in un museo, in fondo.”
Artista parigino, Combo esordisce nel 2003 nel Sud della Francia, dove rimane fino al 2010, quando torna nella capitale per affiancare alla street art la direzione artistica di un’agenzia pubblicitaria. Il suo lavoro non fa notizia per parecchi anni, fino a quando, nel gennaio 2015, l’artista viene aggredito da quattro giovani, urtati da una delle sue opere: un murales a Port Dorée, con la scritta “COEXIST”, realizzata utilizzando i simboli delle tre religioni monoteiste: islamica, ebraica e cristiana. Lo spiacevole episodio, anziché intimorirlo, lo incoraggia. L’obiettivo è ormai raggiunto: la sua opera ha colpito, turbato, mosso coscienze, tanto da essere considerata da qualcuno pericolosa o inaccettabile.

Al tema dell’integrazione religiosa si affiancano presto altre lotte, tra cui, dal 2016, quella all’omofobia. Sui muri di Parigi compaiono coppie di uomini che si tengono per mano, si abbracciano, si baciano. Spesso questi personaggi sono facilmente riconoscibili: si tratta infatti di icone della cultura pop, inserite in un nuovo contesto. Il risultato è di straordinaria efficacia: il pubblico, attirato da un’immagine che già conosce, si ferma a guardare, incuriosito. In pochi secondi, comprende il messaggio: sorride, scatta una fotografia, si allontana infastidito.
In ogni caso, riflette.
Le reazioni, per strada e sui social, non si fanno attendere: molte immagini vengono cancellate o rese illeggibili, mentre si moltiplicano sulla pagina dell’artista insulti e aggressioni verbali. Le opere, ora vandalizzate, cambiano aspetto, vittime di una violenza distruttrice e iconoclasta. Combo non si arrende: raccoglie i commenti omofobi più gravi e violenti, li stampa e li rende pubblici, incollandoli sui murales vandalizzati. Proprio sulla strada, accanto al nome di chi li ha pronunciati. In caratteri talmente grandi che è impossibile non leggerli. Per le immagini inizia così una terza vita: pur mantenendo le tracce evidenti delle due fasi precedenti, creatrice e distruttrice, esse diventano il simbolo di una rinascita coraggiosa.
(Clicca per ingrandire le immagini e vederle una ad una).
Le fotografie mostrano chiaramente le tre fasi dell’opera: la prima, nella quale l’immagine è ancora integra; la seconda, che testimonia gravi atti vandalici; la terza e ultima, a cui l’artista ha aggiunto i commenti omofobi che gli sono stati rivolti.
Allora qualcosa si muove: qualcuno invia messaggi di solidarietà e sostegno, altri cancellano o strappano quelle frasi così volgari che sono costretti a leggere ogni giorno, mentre i colpevoli ritirano quanto detto, si vergognano, fanno un passo indietro.
E chissà, forse crescono.
L’artista ricompare sulla scena, qualche mese dopo, con una nuova opera, affollata e coloratissima, che intitola The Lovers are back and they are not alone. Intervistato, si dichiara soddisfatto… e noi, grati, rimaniamo attesa dei suoi prossimi “monumenti al cambiamento”.

Autrice: Martina Colombi
Cover designer: Valerio Ichikon