Marvin, il Paranoid Android

Se vi chiedessero qual è la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, quale sarebbe la vostra replica? Nel caso fosse riferita a cose come Dio, Amore ecc. ecc., avete sbagliato, perché  la risposta esatta è 42: se siete fuori strada, l’unico modo per ritornare sulla retta via è di leggere “Guida galattica per gli autostoppisti” (titolo originale: “The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy”) di Douglas Adams, libro che narra le avventure di Arthur Dent durante i suoi viaggi intergalattici a bordo di una navicella spaziale. La lettura è piena d’ironia e sarcasmo alla Monty Python, quindi i giochi di parole e comicità non-sense la fanno da padrone.

Sulla navicella spaziale dove Arthur si trova a viaggiare, c’è anche l’androide Marvin, che è costantemente depresso. Ed è proprio a Marvin che si ispira “Paranoid Android” dei Radiohead, seconda traccia dell’album “OK Computer” pubblicato nel 1997; altri singoli appartenenti allo stesso album sono “Karma Police” e “No Surprises”.

La scelta di “OK Computer” come titolo dell’album viene proprio da una frase del sopracitato libro, del quale i Radiohead stavano ascoltando una versione audio durante gli spostamenti del tour del precedente lavoro (The Bends, 1995). Nel libro il computer della navicella spaziale si dichiara incapace di portare a termine il respingimento di missili che stavano per colpire la navicella stessa; allora il presidente della galassia Zaphod Beeblebrox pronuncia le seguenti parole: “OK computer. I want full manual control now” (“OK Computer. Ora voglio il pieno controllo manuale”) .

Pur non facendo parte di un concept album, “Paranoid Android” ha una certa continuità con le altre tracce, come gli stessi Radiohead hanno affermato: questo ha portato ad una travagliata decisione riguardo la successione delle canzoni, cosa che ha richiesto un periodo di riflessione di circa due settimane.

L’album in sé è una pietra miliare nella storia dei Radiohead e in quella della musica moderna, perché è pieno di suoni sperimentali e di testi astratti, e si distacca nettamente dall’epoca del Britpop, dominata da band quali Oasis, Suede e Supergrass, oltre che a segnare discontinuità con The Bends.

In ogni canzone ed in ogni testo, ma specialmente in “Paranoid Android”, si percepisce l’alienazione di chi vive in un mondo che va troppo veloce, circondato da veloci mezzi di trasporto e da veloci mezzi di comunicazione, oggi più di allora, conducendo inevitabilmente a un senso generale di solitudine, d’incomunicabilità, d’incomprensione:

“Please could you stop the noise
I’m trying to get some rest
From all the unborn chicken voices in my head”.

I Radiohead si scagliano duramente contro il mondo moderno, intriso di valori materialistici:

“Ambition makes you look pretty ugly
Kicking, squealing Gucci little piggy”

Questi versi fanno riferimento ad un episodio di cui lo stesso Thom Yorke fu testimone: una signora/ragazza ben vestita, in un bar di Los Angeles, che si ritrova il vestito macchiato per un cocktail versatole accidentalmente addosso, inizia a dare di matto perché il suo bel vestito firmato è stato sporcato. Questo è indice di un mondo che, andando veloce, non ha modo (o non vuole?) vedere al di là dalle apparenze, e si lega a ciò che i sensi possono offrire, restando legati soltanto all’aspetto materiale delle cose.

L’unico modo per scappare da un mondo privo di umanità è rifugiarsi nella fantasia (“When I am king, you will be first against the wall”) o sperare nell’aiuto di qualcuno dall’alto (“Rain down, rain down, Come on rain down on me”). Questi versi della parte finale sono particolarmente significativi, perché marcano l’assenza di legami o di empatia tra gli esseri umani (quindi di relazioni orizzontali): infatti, per sfuggire ad una realtà materiale, non si pensa minimamente di chiedere aiuto agli altri, ai propri simili (che tra l’altro, non capirebbero nemmeno la richiesta di aiuto, perché troppo focalizzati su cose-oggetti). Questo porta a rinchiudersi in sé stessi, a rivolgere i propri sforzi nell’immaginazione, nella fantasia, per riporre le proprie speranze nell’intervento di qualcuno estraneo al mondo in cui ci si ritrova, di qualcuno al di sopra di tutto e di tutti (ricercando, così, dei riferimenti verticali).

“Paranoid Android” nasce dall’unione di tre canzoni diverse scritte da altrettanti membri della band, e tutti i componenti dei Radiohead sono stati concordi nell’affermare che questa canzone è nata come un gioco, come il risultato di un momento di “distruzione collettiva” (dove per distruzione qui si intende quel momento di non consapevolezza che segue un’ubriacatura). Inizialmente la sezione centrale (“rain down”) comprendeva un lungo assolo di organo di circa dieci minuti per dare alla canzone un tocco psichedelico, come il bassista della band, Colin Greenwood, ha affermato in un’intervista del 2011 al settimanale musical britannico NME (NewMusicalExpress). La durata originaria di questa versione con organo era di circa quattordici minuti, mentre la durata della canzone per come la conosciamo oggi è di circa sei minuti e mezzo. Molte stazioni radio hanno in seguito reclamato per una versione più corta, cosa che i Radiohead si sono sempre rifiutati di rilasciare: una chiara dichiarazione d’indipendenza dai meccanismi delle radio commerciali e dal consumismo del mondo musicale.

Nel caso non abbiate mai ascoltato “Paranoid Android”, ecco qui una versione live degli stessi Radiohead:

https://www.youtube.com/watch?v=zIklhgI-m2s

Sebbene la vocalità di Thom Yorke non sia la stessa della versione registrata (questo è il bello dei live!), preferisco questa versione al video ufficiale perché la storia raccontata nel video non rende giustizia alle parole della canzone.

Il brano non ha la struttura classica di una canzone come la intendiamo noi, ovvero strofa-ritornello-strofa-ritornello o simili, ma è divisa in tre parti ben distinte aventi, nell’ordine, un andamento veloce-lento-veloce, che ricorda vagamente la struttura della sonata classica, ugualmente divisa in tre tempi, il primo in genere allegro, il secondo andante, ed il terzo allegretto.

E per concludere, ecco a voi una delle migliori cover realizzate da Brad Mehldau, pianista jazz proveniente dagli Stati Uniti, che riesce a rendere bene la coralità, il ritmo, l’espressività e la drammaticità del brano utilizzando semplicemente il pianoforte. Talvolta ascoltando questa versione sembra che non siano solo due mani a suonare! Se non avete avuto mai ascoltato la versione in questione, eccovi il link:

 

 

Buon Ascolto!

 

Approfondimenti:

Shmoop – Paranoid Android meaning

NME – Radiohead: How We Wrote ‘Paranoid Android’

Radiohead Wikia – Paranoid Android

HuffingtonPost – Why Radiohead’s ‘Paranoid Android’ is the Best Song of the Past 15 Years

SongFacts – Paranoid Android

AuralCrave – Paranoid Android dei Radiohead: il rifugio dall’alienazione è nella fantasia

Wikipedia – Paranoid Android

 

Scritto da Annarita N.
Copertina a cura di Valerio Ichikon

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30 Settembre 2019 18:48

[…] già detto nei precedenti articoli di “Note a margine”, io amo le esecuzioni dal vivo perché dirette; il live è il luogo dove le maschere cadono, è la […]

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