L’amico invisibile

Nel riepilogo del mese scorso abbiamo immaginato un viaggio attraverso un sistema planetario lontano anni luce, in cui esploravamo pianeti non visibili a occhio nudo. Per questo mese restiamo nel nostro sistema solare con un’intervista a un personaggio che ha accompagnato alcune stagioni della nostra infanzia, che si trova a dover affrontare i problemi quotidiani di una persona qualunque. Come una persona vera, ma che spesso non trova una collocazione nel mondo “visibile” e spesso non ha nemmeno un nome. Motivo per cui non conosciamo il suo nome, ma sappiamo che di mestiere fa l’Amico Invisibile.

Buongiorno Amico Invisibile, come hai passato questa quarantena?

Bè, direi che all’inizio non è stato troppo difficile. Le raccomandazioni erano di non farsi vedere in giro e la cosa, capirai, mi riesce abbastanza bene. Ma poi è arrivata la parte dura in cui non potevo stare a contatto nemmeno con le poche persone (per lo più bambine e bambini) che possono vedermi. E via Skype non funziona molto, attraverso uno schermo già le persone in carne e ossa sembrano essere trasparenti…

Hai avuto tempo per riflettere, leggere, scrivere o compiere tutte quelle attività creative che in certo verso la quarantena ha favorito?

In realtà, essendo frutto di immaginazione, ho avuto il mio bel daffare. Però, a volte mi sono reso conto a forza di raccontarle, di ascoltarle e di farne parte, che molte storie sono in realtà la stessa, solo con nomi e personaggi diversi. Può cambiare il titolo, o gli effetti sorpresa, poi ti accorgi che c’è qualcosa di già visto e già sentito. In quei momenti sì, mi sono parecchio scoraggiato.

Qual era il tuo lavoro prima della quarantena?

Non posso avere una sola occupazione, ogni giorno indosso un costume diverso a seconda delle necessità. E se anche sbaglio abbinamenti non mi preoccupo, tanto non mi vede nessuno. Il problema è che, in quanto invisibile, spesso anche i contratti e gli ingaggi che mi offrivano erano invisibili e io li accettavo, pur di lavorare. Ma poi chi se l’aspettava che quando si sarebbe fermato tutto, nel momento in cui potevo chiedere un aiuto per sopravvivere senza lavorare, non ne avrei avuto nessun diritto. Non ci pensavo in quel momento. Se pretendevo troppo, rischiavo di perdere il lavoro, non avevo nessuno che poteva difendermi. Forse io e i miei colleghi dovevamo pretendere qualche garanzia, almeno le fondamentali, prima invece di accettare qualsiasi condizione, certo… Però potevano pure darcela a priori. Le leggi esistono… Ma forse, essendo leggi scritte, che si vedono e si leggono, non valgono per quelli come me…

E ora che ci sono riaperture parziali, cosa farai?

Come molti nella mia condizione, emigrerò in cerca di un lavoro e di qualche diritto di base su cui contare. Poi, magari, scaduto il contratto ritorno a casa a vedere che aria tira. Mi piacerebbe tornare a essere parte delle storie di amiche e amici visibili, raccogliere i loro sfoghi, raccontare loro delle favole e poi passare oltre, quando non avranno più bisogno di me, e da lì ricominciare. E’ questo il mio lavoro, in fondo.

Quindi tornerai a fare quello che hai sempre fatto?

Sì, o almeno lo spero. Però questa volta mi piacerebbe che i mille lavori che svolgiamo siano presi in considerazione, perché sono importanti per il benessere fisico e mentale della gente. Perché l’Amico Invisibile può essere pure un gioco, una maschera, ma sotto c’è una persona che a volte ha pure bisogno di essere chiamata per nome.

Cosa vorresti dire a chi si ostina ad affermare che non esisti?

Vedi, d’istinto verrebbe da urlare e da sbracciarsi, pur di farsi riconoscere. Poi ci ripenso mi dico che quelle persone, purtroppo, sono cieche e sorde pur avendo la vista e l’udito a posto. L’importante, e anche la cosa più difficile da fare, è non scomparire di fronte a sé stessi.
Solo così, forse, potremo riacquistare consistenza

intervista di Francesco Di Concilio
per la Redazione di errareumano.org

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