La visione del mondo di un clown – Ep.4

Storia

Dalla farsa alla commedia dell’arte

Dalle attività dei mimi, dei giullari e dalle cerimonie delle feste pagane – una su tutte la festa dei folli – si svilupparono forme teatrali meno elaborate che, a partire dal XIII secolo, diedero vita a drammi di carattere non specificamente religioso, come la farsa. A queste forme di intrattenimento si deve, scrive Brockett, la tradizione di caratteristiche poi confluite, seppur in diversa forma e misura, nella commedia dell’arte e nei clowns.

La commedia

La commedia dell’arte trae la propria linfa vitale dai mimi, che avrebbero tramandato nel corso del medioevo la farsa atellana (I secolo a.C.), simile alla commedia per la presenza di personaggi fissi e per la natura degli intrecci. Oppure, secondo un’altra ipotesi, avrebbe avuto origine da compagnie di mimi bizantini che, in seguito alla caduta di Costantinopoli (1453), si trasferirono in Occidente. Ad ogni modo, un trait d’union che lega la fabula atellana e la farsa, alla commedia cinquecentesca ed il clown, si può individuare, oltre che nell’intreccio comico delle vicende narrate e nella pratica dei mimi che ne hanno perpetrato la tradizione, nell’uso della maschera.

La maschera

Il tipo di maschera che indossa il pagliaccio del circo contemporaneo, sia essa il trucco bianco con le orecchie rosse o il più noto e diffuso naso rosso, è una maschera caratterizzante, che rende riconoscibile il personaggio già ad un primo colpo d’occhio e ne determina i comportamenti. Da questo punto di vista risulta evidente il tributo pagato alle maschere della commedia dell’arte, diffusa a partire dal XVI secolo. Con la commedia dell’arte il teatro esce dagli ambienti cortesi e diventa professionale: «è del 1545 il primo contratto che stabilisce la costituzione per un anno della compagnia di comici di Maffio da Padova». Nell’ambito della sua struttura organizzativa e scenica, oltre alla citata maschera, possiamo individuare ulteriori elementi che ritroveremo, con le dovute differenze, nei clown: due di questi sono gli zanni.

Zanni

Gli zanni, o servi, erano due personaggi della commedia dell’arte che, seppur in numerose varianti, presentavano caratteri simili nelle diverse compagnie in cui venivano interpretati.

Il primo zanni era furbo, intrigante, motore dell’azione; il secondo zanni, «rozzo e sempliciotto, con i suoi scherzi […] interrompeva l’azione e scatenava la comicità». Un duo comico che da lontano (ma non troppo) ricorda il rapporto tra il clown bianco e l’augusto del circo ottocentesco. Tra gli zanni più popolari troviamo la maschera di Arlecchino, il quale «incarnava un misto di furberia e stupidità, era un consumato acrobata e ballerino ed in genere era al centro di ogni intrigo». Noto anche come Truffaldino e Trivellino, subì dei cambiamenti anche nel costume, passando dalle toppe di cenci alla combinazione di losanghe rosse, blu e verdi con cui lo identifichiamo oggi.

The fools

Personaggi di bassa estrazione sociale, intriganti e inclini a lazzi e angherie di ogni tipo erano i fool delle opere di Shakespeare, una trasposizione teatrale dei giullari e dei buffoni di corte, definiti spesso “clown scespiriani” in riferimento alla loro umile origine e al costume di foggia contadina.

Il culmine del successo della commedia dell’arte, secondo quanto riporta Brockett, si incontra tra la metà del sedicesimo e metà del diciassettesimo secolo, per poi trascinarsi fino alla seconda metà del XIX, quando ormai aveva perso di interesse e di prestigio. Nonostante ciò, fu molto apprezzata in molti paesi europei, tra cui Inghilterra, Francia e Germania dove influenzò attori e scrittori locali e dove, non a caso, i pagliacci muoveranno i loro primi passi sulle piste del circo.

Autore: Francesco Di Concilio

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