Esiste una parte della guerra che è difficile definire. Non si fa con le armi, non ha bisogno di militari, apparentemente non miete vittime e non di strugge case, monumenti e non sfolla milioni di persone. Guerra fatta di informazione, disinformazione e propaganda sfrenata a colpi di censura.
Si tratta di qualcosa con cui abbiamo imparato (forse non ancora) a convivere. Ogni volta che sentiamo una notizia, arriva sui nostri telefoni la smentita a quello che avevamo appena sentito con tanto di video manipolato, e le ragioni del perché quello che abbiamo visto e letto pochi minuti prima è tutta una montatura.
Così lo schiaffo di Will Smith alla notte degli Oscar diventa una messinscena. La prova è un video sgranato, nell’era del video ad altissima definizione, che dimostrerebbe che Chris Rock, lo schiaffeggiato, avesse una protesi al silicone sulla guancia che attutisse l’impatto del ceffone.
Nella guerra Russia-Ucraina, la differenza tra informazione e propaganda la fa il giornalista e più precisamente delle figure nuove che in questi ultimi due anni sono diventate fondamentali per chi vuole raccapezzarci qualcosa in questo mare magnum di notizie, avvenimenti e tragedie che ci hanno colpiti, ovvero il fact-checker, il debunker.
E’ molto difficile in questo momento, più che in altri contesti, riuscire a capire la differenza tra una notizia falsa, una teoria del complotto, una notizia di satira che diventa una notizia vera, un contesto falso o un contenuto alterato (es. Will Smith – Chris Rock) che porti le ragioni di chi vuole per forza di cose vedere ciò che non c’è.
Nella guerra Ucraina
Chiunque avrà visto, qualche giorno fa, la foto di una ragazzina con lecca lecca e fucile in braccio seduta su di un davanzale in attesa spavalda del nemico. Quella foto ripresa su tutti i media è diventata in poco tempo virale e simbolo del conflitto.
Quella foto, come spiega il progetto “fact-checking” di OPEN, è stata scattata dal padre due giorni prima dell’invasione della Russia e in un post successivo a quello di pubblicazione della foto sui social spiega che la bambina è sua figlia, che ha effettivamente 9 anni e che si è trattato di una messinscena. (clicca qui per leggere l’articolo di OPEN.
In Russia, i media e le redazioni non filo-governative chiudono, la guerra non può essere nominata in nessun contesto se non come operazione militare speciale, e ogni volta che compaiono immagini cruente della guerrache testimoniano la volontà dell’esercito attaccante di colpire obiettivi civili vengono smentiti dagli esponenti del governo russo come false e manipolato ad hoc.
Altri strumenti di controinformazione
Un’agenzia di creativi di Los Angeles qualche giorno fa ha risposto all’appello di un collettivo ucraino che chiedeva aiuto e suggerimenti su come combattere l’insorgere di contenuti manipolati, e soprattutto come informare la popolazione russa della guerra in atto.
La risposta ingegnosa è stata quella di manipolare le foto della propaganda russa aggiungendo le informazioni e i fatti che avvengono nel conflitto tramite i metadati della foto stessa. I metadati non sono altro che le informazioni che il proprietario di una foto può inserire all’interno del file e sono accessibili semplicemente cliccando con il tasto destro del mouse e poi su informazioni. Da qui è nato il progetto .Png Progect. Chunque così, può inviare una foto a una persona che si trova in Russia e poi indicargli di “dare un’occhiata alle caratteristiche”.
I Russi non sono fessi
L’intelligence russa ha approfittato di uno strumento piuttosto inedito come supporto strategico sul campo. Si è affidata allo strumento del crowdsourcing, ovvero cercare sul territorio persone disposte ad elargire informazioni facili da reperire per la popolazione locale in cambio di pochi dollari. Il fenomeno è nato come supporto alle grandi marche o alle grandi catene di distribuzione che hanno bisogno di sapere puntualmente, con poco dispendio di risorse economiche ed umane, se il loro prodotto è stato collocato nel posto giusto, se il servizio al cliente è come ci si aspetterebbe oppure per sapere se una vetrina è stata allestita con gli standard imposti dal brand. Questo fenomeno ha avuto un enorme sviluppo grazie alle app di Mistery shop in cui un utente, in cambio di un reward-premio è disposta a perdere un po’ del suo tempo per eseguire delle semplici azioni richieste per portare a termine il compito.
L’esercito russo quindi si è servito di questa famosa app per ottenere informazioni strategiche su luoghi o posizioni specifiche. L’utente dell’app può identificare i luoghi, rilevare le posizioni, scattare foto e video con lo scopo di informare l’esercito russo su luoghi sensibili e ricevendo le coordinate del luogo che potrebbero essere obiettivo per possibili bombardamenti o utili per il posizionamento di artiglieria pesante. Micro informazioni sul campo utili per le tattiche operative del nemico.
Il mondo non si ferma a una sola guerra

Siamo usciti momentaneamente dalla bolla mediatica della pandemia che ha catturato l’attenzione di tutto il mondo per entrare in una nuova bolla, peggiore della prima, che non fa che amplificare teorie del complotto e rende sempre più divisiva l’opinione pubblica. I media tradizionali incentrano tutte le loro risorse su argomenti che attirano sempre più attenzione in un crescendo interminabile e che non fa altro che assuefare il lettore/spettatore. Secondo l’International Crisis Group il mondo conta oltre 70 conflitti ad alta-media intensità in luoghi difficili da raggiungere, difficili da raccontare, difficili da spiegare. Anche lì servirebbe la stessa attenzione che le redazioni di tutto il mondo impiegano focalizzando le loro risorse sul conflitto che coinvolge il nostro continente. Nel nostro piccolo proveremo a raccontarlo, errando probabilmente anzi sicuramente.
Autore: Francesco PennaNera
Editing: Annarita Noschese
Copy editing: Annarita Noschese
Copertina: tratta da International Crisis Group