A Vaffambaffola story
Prequel

Un giorno, quando ancora regnava Pidaar, bussò alla porta della Taverna una ragazzina vestita con una specie di sacco di velluto viola cangiante, legato in vita con una corda di spago intrecciato. Era scalza e sporca, aveva le mani impastoiate di una melma scura che sembrava pece, le cui macchie non si tolsero nemmeno dopo numerosi e approfonditi lavaggi e le restarono sui palmi delle mani come le pezze del manto di una mucca di montagna.
Clodoveo del Luppolo, quando la vide sull’uscio, le domandò: – E tu chi sei? – La ragazzina rispose: – Mi chiamo Morgana, mescolo insieme le cose.
– Bene, – risposte l’oste senza fare altre domande – mi aiuterai a fare una birra decente.
L’accolse dentro la sua casa come se fosse la figlia che non ha mai avuto. Non gli interessavano le sue origini, forse per paura che un giorno vi avrebbe dovuto fare ritorno e lasciarlo di nuovo nella sua affollata solitudine di taverniere. Per lei fece costruire una torretta accanto alla taverna, che comunicava con essa attraverso un sistema di scale e porte, dove poteva mescolare intrugli e comporre immagini unendo le stelle. Da quando la ragazzina aveva dieci anni, ogni primo del mese, la Taverna si affollava di clienti e avventori perché Morgana giocava a indovinare il loro probabile avvenire come lo aveva visto disegnato nelle stelle.
– E di me cosa sai dire? – disse una donna che si fiondò nella taverna all’improvviso. Era imponente, vestiva una lunga tunica di velluto viola cangiante chiusa in vita da una corda di lino intrecciato e legata all’altezza del cavallo, accortezza che le conferiva i viluppi di un ampio pantalone. Alzò il pesante cappuccio del mantello e scoprì un turbante tempestato di filigrane brillanti.
Si fece strada tra la folla e arrivò di fronte alla piccola Morgana, che stava in piedi su un tavolo in mezzo alla sala. Morgana la guardò senza mai distogliere lo sguardo o dimostrare il minimo turbamento.
– Ieri notte le stelle si sono unite tra loro a formare la volpe errante e non si sono più separate – disse – Credo che la volpe abbia finalmente trovato la sua tana.
La donna prese una stanza per riposare e ci restò cinque giorni e cinque notti senza mai uscire, se non per svuotare il pitale nella latrina comune.
Al sesto giorno scese nella taverna mentre Clodoveo e Morgana bollivano l’acqua per la fermentazione dei malti. Si fermò ad osservarli. Incontrò lo sguardo della ragazza e le sorrise.
– Se continuate a usare quel luppolo, la vostra sbobba non durerà mai più di tre mesi prima di imputridirsi – disse.
– E tu che ne sai? – domandò Clodoveo senza nemmeno voltarsi a guardarla.
Permettetemi di restare e vi prometto che produrremo la migliore cervogia del regno.
– Questa è anche l’unica cervogia del Regno – obiettò Clodoveo.
– E quale altro scopo abbiamo se non diventare migliori di quel che siamo già?
Un anno dopo, re Pidaar in persona celebrò l’unione davanti al villaggio di Clodoveo e Caterina del Luppolo e nominò la giovane Morgana alchimista di corte e mai l’avvenire disegnato dalle stelle fu roseo come quell’anno.
Morgana crebbe e divenne sempre più abile nell’arte di mescolare le cose. Ben presto lasciò perdere la birra, ormai ottima, e si dedicò alla trasformazione dei metalli. Re Pidaar, con l’aiuto del Barone, suo consigliere, e di Caterina, che era capace di procurarsi di tutto, mise a sua disposizione un’intera biblioteca che conteneva quasi tutto il sapere dell’epoca.
La sua torretta divenne il ritrovo di chi aveva curiosità per qualunque cosa. Da tutto il regno accorrevano per farle domande sul funzionamento delle cose o anche solo per sentirla parlare di cose di cui nessun altro aveva avuto notizia prima. Come quella volta in cui arrivò da molto lontano una carovana di mercanti che lasciarono merci e tessuti pregiati in cambio di una storia che li riguardava da vicino. Durante quella lezione, Morgana raccontò la storia ormai dimenticata della Gilda delle Mercantesse, che le nostre orecchie ebbero la fortuna di ascoltare e le mani il privilegio di annotare,

Le Origini
Lontano dal regno, la vita era molto diversa un tempo.
In onore ai nostri ospiti, prendiamo l’esempio del commercio.
Qualche equinozio fa, ma non molti in effetti, i villaggi cominciarono a scambiare tra loro quel che abbondava con ciò di cui avevano bisogno. Quasi dappertutto, erano i maschi ad occuparsene, perché ritenuti più adatti, forti e abili nelle trattative.
Quasi dappertutto, infatti, le spedizioni commerciali si trasformavano in bagni di sangue, che non solo assicuravano le merci ad un prezzo vantaggioso, ma anche il controllo di un intero territorio, per quanto ormai devastato e quasi disabitato.
In questo modo, gli “adatti, forti e abili” mercanti ripartivano in cerca nuove risorse, depredando, saccheggiando e così via distruggendo, fino a rischiare di non avere più nessuno con cui commerciare o prodotti da scambiare.
Qualcuno provò anche a chiedergli come sarebbe stato se ci si fosse scambiata la merce e basta, senza sottomettere o massacrare, ma purtroppo non fece in tempo a sentire la risposta.
Ci fu, invece, chi riuscì a sfuggire alla suscettibilità del mercante medio, tenendo per sé la domanda di cui sopra, almeno per il momento, in attesa del momento giusto per prendere con sé le due figlie e fuggire lontano dove il marito mercante d’assalto non le avrebbe trovate.
Il momento giusto arrivò durante una delle tante spedizioni commerciali. Colei che fuggì portando con sé le due figlie si chiamava Tenakari, la fondatrice della Gilda delle Mercantesse, e questa è la sua storia.
continua …
Testo e storia: Francesco Di Concilio
Segni e disegni: Ivo Guderzo
Web & real editor: Francesco PennaNera
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