Interruzione volontaria di gravidanza: fenomenologia di un diritto negato (parte 8)

Alcuni dati sull’aborto V: procedure mediche

Le procedure mediche di IGV possono essere di tipo chirurgico o di tipo farmacologico.

Per le procedure di tipo chirurgico, si tratta nella maggior parte dei casi di interventi programmati, ma nel 15% di casi dal 2010 al 2018 si è trattato di interventi di urgenza (dato in lieve aumento), cioè di interventi effettuati per salvaguardare non solo la salute, ma la vita della donna-paziente. Nel 5% dei casi totali è stata segnalata la presenza di malformazioni fetali (nello stesso periodo).

I metodi chirurgici utilizzati sono il raschiamento e l’isterosuzione (metodo di Karman); nel primo, con uno strumento che assomiglia ad un cucchiaio si va a pulire, a raschiare l’utero, mentre nel secondo si utilizza una sorta di cannuccia per aspirare in contenuto della cavità uterina. In entrambi i casi è generalmente necessario fare ricorso ad un ricovero in ospedale e ad un’anestesia generale.

Altro metodo è l’uso della pillola abortiva RU-486 (nome che aveva la stessa durante le fasi di sperimentazione). Il principio attivo in essa contenuto è il mifepristone, il cui ruolo è inibire lo sviluppo dell’embrione, provocandone il distacco con conseguente eliminazione della mucosa uterina; in pratica, si ha quello che succede durante un normalissimo ciclo mestruale. In alcuni casi, a due settimane dall’assunzione del mifepristone, potrebbe essere necessario assumere delle prostaglandine, che provocando delle contrazioni uterine, favoriscono l’eliminazione dell’embrione e della mucosa.

I dati raccolti dall’ISTAT (vedi Figura 1 e Figura 2) mostrano che il metodo di Karman è ancora la tecnica più utilizzata per l’aborto, sebbene gli IGV praticati in questo modo siano in diminuzione; ne consegue che anche il numero di anestesie generali praticate in questo ambito sono in diminuzione. Al contrario, tutto ciò che è legato all’uso della RU-486 è in leggero aumento.

Figura 1. Tipo di intervento praticato per un’IGV.
Figura 2. Terapia antalgica.

Introdotta in Italia nel 2009, la pillola abortiva RU-486 permette di snellire dal punto di vista burocratico la procedura di accesso all’IGV, in quanto potrebbe essere eseguita in totale autonomia, sempre sotto controllo medico, come già avviene in molti paesi europei (in Italia non è ancora possibile); in fin dei conti, si tratta dell’assunzione di una pillola. Ciò permetterebbe meno ripercussioni fisiche e psicologiche sulla donna e permetterebbe di evitare un ricovero di tre giorni necessario con procedure di tipo chirurgico di IGV, con un conseguente risparmio da parte del Sistema Sanitario Nazionale. Ad oggi, però, questa forma di IGV la si può praticare soltanto in ospedale.

Bisogna segnalare, però, che un piccolo passo in avanti c’è stato l’8 agosto 2020, quando il Ministro della Salute ha approvato le nuove linee guida per la somministrazione della RU-486: non è più necessario il ricovero di tre giorni, ma potrà essere somministrata in day hospital.

In Finlandia il 98% degli aborti avviene grazie alla RU-486, mentre in Francia ed in Portogallo si parla del 60% e 70%. In Italia, la percentuale di aborti praticati per via farmacologica si aggira intorno al 20%. Non c’è dubbio che questi numeri confermino che in Italia c’è una netta volontà di non lasciare libere le donne di scegliere per loro il male minore, una scelta molto difficile da prendere dal punto di vista psicologico. Una fonte di questo problema è senza dubbio la forte presenza del personale obiettore all’interno delle strutture pubbliche che praticano IGV.

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Autrice: Annarita N.
Cover design: Pigutin

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