Intro
Immersa tra il Mar di Norvegia ed il Mare del Labrador, l’Islanda è un’isola dove, forse, la Natura domina ancora sull’uomo: infatti la densità abitativa è di 3,36 persone/km2. In Italia, invece, ci sono mediamente 189 abitanti/km2, circa 55 volte di più della terra del ghiaccio, traduzione in lingua norrena del nome Islanda.
Sullo sfondo isolato di questa natura solitaria, s’innesta la nascita e l’attività dei Sigur Rós.
La prima volta che mi è capitato di sentire un loro pezzo è stato un paio di anni fa, forse nel 2018, nel 2016, insomma, giù di lì. Iniziavo a guardare i documentari della BBC Planet Earth, e la sigla era Hoppípolla, uno dei brani di maggiore successo dei Sigur Rós. Pensavo fosse un gruppo nato in quel periodo, ed invece il primo nucleo risale al 1994.
Sia nella formazione originaria che in quella attuale, il gruppo è formato da notevoli polistrumentisti. Ad oggi, alla voce c’è sempre Jón Þór Birgisson (Jónsi) che suona anche la chitarra, il basso, l’armonica a bocca ed il banjo; al basso troviamo Georg Hólm, allo stesso tempo allo xilofono, tastiera e cori; l’ultimo membro dell’attuale formazione è Kjartan Sveinsson, anch’egli polistrumentista, con un occhio particolare al pianoforte, tastiera, chitarra, flauto, organo, voce, banjo ed oboe. C’è del potenziale per avere una piccola orchestra da camera moderna.
Biografia
Sigurros, Rosa della Vittoria: è il nome della sorella di Jónsi, nata il 28 dicembre del ’93, una manciata di giorni prima della fondazione ufficiale del gruppo, ovvero 4 gennaio 1994. Dopo poco incontrano Bjork, che li invitò a pubblicare il loro primo singolo, Fljúgðu, in un disco edito in occasione del 50° anniversario dell’indipendenza dell’Islanda.
Il primo album, Von, che risale al 1997, non riesce ad andare fuori dai confini nazionali, e ne furono vendute solo 317 copie.
Le cose cambiarono nettamente due anni dopo, quando venne pubblicato Ágætis byrjun; si delineano in maniera quasi definitiva alcuni elementi sonori ricorrenti nella produzione dei Sigur Rós, come la sensazione di essere, attraverso la musica, parte integrante degli elementi naturali.
Nel 2000, i Sigur Rós vincono sei premi in sei categorie diverse agli Icelandic Music Awards, e Ágætis byrjun rimase nella top 20 del paese per due anni consecutivi. Alcuni brani vengono utilizzati come colonna sonora di diversi film (Ágætis byrjun e Svefn-g-englar in Vanilla Sky, Hjartað hamast in Immortal Ad Vitam), contribuendo ad accrescere la fama del gruppo oltre i confini islandesi: infatti, a gennaio 2000, il gruppo si esibì a Londra nel primo concerto fuori dall’Islanda. Sentendo odore di soldi, alcuni etichette statunitensi tentarono di acquistare i diritti dell’album, tuttavia i Sigur Rós preferirono affidarsi all’etichetta indipendente Pias Recording, volendo salvaguardare la propria libertà creativa; con questi propositi, i Sigur Rós misero in piedi uno studio di registrazione a Mosfellsbær, un piccolo comune di 12000 abitanti circa poco più a nord di Reykjavík.Da gennaio 2000 ad ottobre 2001, parteciparono a diversi festival musicali, oltre a partecipare come spalla ad alcuni concerti di diversi gruppi, come i Radiohead.
I primi anni 2000 possono essere considerati una parentesi vera e propria nella produzione globale dei Sigur Rós: nel 2002 viene pubblicato l’album (), contenente sonorità più minimali. Questo parziale cambio di rotta è la testimonianza della voglia di sperimentazione del gruppo, così come la collaborazione con il quartetto d’archi di musica sperimentale Amiina.
Il ritorno alle sonorità di Ágætis byrjun è chiaramente rintracciabile nell’album Takk…, dal quale è stato estratto il singolo Hoppípolla. Il tour mondiale progettato in seguito alla pubblicazione di quest’album, toccò sia gli Stati Uniti, che il Giappone ed Hong Kong; dopo queste tappe, i Sigur Rós hanno tenuto una serie di concerti gratuiti in Islanda durante luglio-agosto del 2006. Le riprese di questo tour casalingo sono confluite nel documentario Heima: una necessità, un tributo, come un dovere, verso la propria terra, verso le proprie origini, verso le quali si avverte, di tanto in tanto, una forte necessità di riconnessione.
“I, sometimes, get this strange feeling and a sort of uncontrollable urge to want to go home”
I lavori successivi del gruppo sono Með suð í eyrum við spilum endalaust (2008), Valtari (2012), Kveikur (2013) e Odin’s Raven Magic (2020).
Dall’inizio della loro carriera, hanno ricevuto due nomine ai Grammy Awards, una certificazione di platino da parte del RIAA (Recording Industry Association of America) per il documentario Heima, ed inoltre l’album che li ha presentati ufficialmente alla platea internazionale, Ágætis Byrjun, è stato nominato come l’ottavo album nella classifica dei migliori album della decade 2000-2010 dal giornale Pitchfork.
Musica, testi e lingua
La musica islandese ha iniziato ad essere argomento di scrittura da parte di giornalisti specializzati del settore a partire dalla fine degli anni 80; in particolare, il primo articolo su questo argomento fu pubblicato sulla rivista Rolling Stone a firma di David Fricke, datato 1988.
Nel 2014 l’etnomusicologo Kimberly Cannady ha usato le seguenti parole per definire il modo di approcciarsi alla musica islandese:
a glacier slowly making its way across
a snow-capped continent
the tinkling and cracking of ice floes
drifting across the water
un ghiacciaio che lentamente si fa strada in un continente innevato
il tintinnio e lo scricchiolio dei banchi di ghiaccio che si spostano sull’acqua
Se da un lato queste descrizioni contribuiscono a creare un’aurea quasi magica intorno al gruppo, dall’altro ne impediscono un confronto onesto ed oggettivo con altri gruppi provenienti dall’ambiente inglese o americano. Questo rappresenta un punto di forza o una debolezza del gruppo? A questa precisa domanda non sappiamo rispondere, possiamo però dire che il clima boreale che si respira nella musica dei Sigur Rós è uno dei loro tratti distintivi.
Da un punto di vista tecnico, la musica dei Sigur Rós viene definita come post-rock, intesa come musica che utilizza elementi tipici del rock, come la centralità della chitarra, focalizzandosi più sul mood e sull’ambiente che sul climax e la catarsi. Per questo motivo la musica post rock viene definita spesso come adatta come colonna sonora per film, o che contribuisce a creare un’atmosfera, che l’ascoltatore costruisce in base alla propria esperienza e dove è libero di pensare ed essere.
La musica viene utilizzata per dilatare lo spazio-tempo tramite l’utilizzo di tempi lenti, lunghe durata dei brani ed armonie statiche.
Venendo alla lingua utilizzata, molte delle canzoni del gruppo sono scritte in hopelandic, che si traduce in islandese con vonlenska, da Von, titolo del primo album del gruppo, nonché nome della prima canzone cantata in questa lingua. Si tratta di un linguaggio nuovo, dove le parole non indicano nessun oggetto o nessun sentimento, piuttosto la voce e le corde vocali vengono utilizzate come un normale strumento musicale: i suoi prodotti, ovvero una successione di sillabe inventate, sono, quindi, melodie frutto dalla voce umana. Solo apparentemente quindi si potrebbe pensare che la musica dei Sigur Rós non comunichi niente, mentre è vero il contrario: l’ascoltatore è libero di associare alla musica le proprie emozioni e la propria visione, sfociando in una musica non subita, ma condivisa e partecipata.
I Sigur Rós non hanno mai rilasciato versioni in inglese ufficiali dei propri testi, perché è la loro musica che parla per loro, è la suggestione che suoni e voce sanno creare insieme.
La voce di Jónsi ed il suo falsetto, fattore che caratterizza in maniera inequivocabile il gruppo, sono inconfondibili, e si mischiano perfettamente con le ampie melodie ed il suono distorto delle chitarre.
Passando al lato più prettamente musicale, una delle peculiarità del gruppo è l’utilizzo da parte di Jónsi di un archetto da violoncello per suonare la chitarra: in questo modo, a seconda dell’angolo di contatto tra l’archetto e le corde ed a seconda della pressione applicata, è possibile dare maggior rilievo a differenti suoni armonici. L’uso dei suoni armonici viene sfruttato al massimo tramite un lungo riverbero della chitarra. E’ come se in un coro un cantante prolungasse una nota, alla quale si sovrappone la nota prolungata di un altro cantante, e così via. La magia si crea quando questi suoni riescono a richiamarsi a vicenda, a risuonare con l’ambiente che ci circonda, con la nostra cassa armonica e con il nostro cervello.
Per concludere: il progetto Valtari ed altri consigli per l’ascolto
L’album Valtari è stato pubblicato nel 2012, include 8 tracce per una durata complessiva di 54 minuti circa. I brani in esso incluso sono al centro di un interessantissimo progetto, il Valtari mystery film experiment: alcuni registi sono stati invitati dai Sigur Rós a trasformare in immagine ciò che questi brani gli suggerivano, in completa libertà; ciò si è tradotto in 16 cortometraggi, realizzati utilizzando lo stesso ammontare di budget.
Ecco l’elenco dei cortometraggi ed i registi che si sono cimentati nelle riprese:
- ég anda, realizzato da Ragnar Kjartansson
- varúð, realizzato da Inga Birgisdóttir
- fjögur píanó, realizzato da Alma Har’el.
- rembihnútur, realizzato da Arni e Kinski
- ég anda, realizzato da Ramin Bahrani
- varúð’, realizzato da Ryan McGinley.
- varðeldur, realizzato da Melika Bass.
- dauðalogn, realizzato da Henry Jun Wah Lee.
- seraph (rembihnútur ed ekki múkk), realizzato da Dash Shaw e John Cameron Mitchell.
- ekki múkk, realizzato da Nick Abrahams.
- dauðalogn, realizzato di Ruslan Fedotow.
- fjögur píanó, realizzato da Anafelle Liu.
- varðeldur, realizzato da Clare Langan.
- valtari, realizzato da Christian Larson.
- varúð, realizzato da Björn Flóki.
- leaning towards solace (dauðalogn e varúð), realizzato da Floria Sigismondi.
Questo progetto cinematografico testimonia che la produzione dei Sigur Rós abbraccia anche le arti visive, elemento imprescindibile visto l’elevato carattere evocativo della loro musica.
Tutta la produzione dei Sigur Rós merita almeno un ascolto; vi consigliamo in particolare i seguenti brani:
Epilogo
La continua ricerca stilistica e la costante indipendenza nella loro produzione musicale fa dei Sigur Rós uno dei gruppi più interessanti degli ultimi venti anni.
Dagli arrangiamenti alla lingua usata, nulla è lasciato al caso, ma tutto avviene in maniera così semplice e naturale che sia l’anima che il fisico di chi ascolta, tramite quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, vengono toccati con delicatezza.
Si entra a far parte di un’unica entità insieme agli altri, ed insieme alla natura, in un pan compiuto e sereno.
Non sappiamo se tutto ciò sia voluto o meno, o se sia un puro effetto collaterale.
Per il momento, non ci sono risposte a questa domanda.
Ma in fondo, sta bene così, stiamo bene così….
Link ed approfondimenti
- https://it.wikipedia.org/wiki/Sigur_R%C3%B3s
- T. Størvold, Popular Music, 2018, 37/3, 371-391.
- https://it.wikipedia.org/wiki/Valtari_(album)
- https://pitchfork.com/reviews/albums/16628-sigur-ros-valtari/
- https://www.museocinema.it/it/news/2978
- https://www.kqed.org/arts/117962/mystery_revealed_sigur_rs_valtari_film_experiment
Autrice: Annarita Noschese
Copy editor: Francesco PennaNera