Reborn Dolls
“La signora Salvemi?” – “Si, sono io”
“Prego, signora, il dottore la attende”. “Grazie al cielo, andiamo Massimooo? Su Massimo!”
La donna si alzò, avviandosi verso la porta dello studio dove il dottore sulla soglia si era palesato per accoglierli.
Il bimbo interruppe d’un tratto la sua corsa circolare, richiamato all’ordine dalla madre, e fermo sui piedini incerti, al centro della sala d’attesa, fissando quell’uomo col camice bianco che riportava alla sua mente terribili accadimenti di varia natura, come bastoncini di legno giù per la gola, freddi aggeggi sulla schiena, sottilissimi arnesi appuntiti nelle braccia, scoppiò in un pianto disperato.
Come all’unisono, appena nel tempo necessario a che la madre ritornasse sui suoi passi per rassicurare il piccolo e incoraggiarlo ad affrontare il mostro, sei dei sette bambini presenti in sala, riportati alla brutalità della realtà del loro mondo di giochi e carezze, presero a piagnucolare.
Matteo invece continuava a dormire, indisturbato, accoccolato nell’ovetto, nella sua tutina azzurra sotto una copertina di lino finemente ricamata a mano dalla donna che, accarezzandogli il visetto, ripeteva con voce dolce: “Il mio bimbo speciale, dormi meraviglia”.
Tutte le altre madri cercavano espedienti di distrazione per i pargoli, molte prendendoli tra le braccia e cominciando quel rilassante movimento oscillatorio che è da sempre gesto consolatorio, altre intavolando buffe conversazioni per riportare il sorriso sui faccini sconcertati.
“É l’Apocalisse”, disse il pediatra con un ghigno imbarazzato, “almeno nel mio lavoro la si immagina così.”
Le madri si aprirono in una risatina compiaciuta, memori di tutte le volte in cui il pianto del proprio figlio era sembrato loro qualcosa che preannunciasse la fine del mondo per poi risolversi in una letizia di coccole, e una ad una ripresero il loro posto nella sala, a rivolta sedata.
La madre del piccolo Matteo restò invece muta, a contemplare la scena, persa in una distanza irrangiungibile, dove quel pianto l’aveva incatenata, una vita fa, nella densità di altre lacrime in cui aveva bagnato il petto.
Il dottore fece accomodare la signora e il piccolo miccia nello studio, e richiuse la porta dietro di sé.
“Il suo bambino è un angelo”, disse allora la donna seduta giust’accanto nella fila a quella madre santa, tanto simile ad una madonna in contemplazione, il cui figlio conservava in sè la pace di tutti i sognatori del mondo. Gli sguardi delle altre madri si rivolsero quindi tutti a guardare Matteo, che continuava indisturbato il suo sonno senza sogni.
“Si, Matteo è un bimbo speciale.” La donna le sorrise, condividendo nel cuore lo stesso orgoglio di madre. “Mi è stato recapitato appena ieri, i duemila euro meglio spesi della mia vita. Manifattura tutta italiana. Artisti iperrealisti sa.
Devo andare ora, è l’ora della pappa. Spero di incontrarla ancora.” E tirando su con garbo il piccolo Matteo, si avviò verso l’uscita. Poi, voltandosi ancora una volta verso la donna che ne aveva scoperchiato il dolore disse: “Ho perso mio figlio”. E sparì.
Autrice: Francesca Schiavo-Rappo
Disegno di copertina: Pigutin
Articolo di partenza: Fenomeno Reborn Dolls, apre a Matera la prima fabbrica dei bambini in silicone.