Bollettino errante n°6

Lavorare tutti, lavorare di più, guadagnare meno.

Le elezioni europee sono vicine, quindi perché non parlare di ciò che è passato sotto voce in Ungheria.Come di consueto, nello stile dei nostri Bollettini Erranti vi parleremo di una notizia lontana nel tempo ma che interessa ancora i nostri giorni. Parleremo della legge sul lavoro approvato il 12 dicembre scorso dal parlamento ungherese e promosso dal governo di Viktor Orban.

La legge modifica il codice del lavoro e consente alle aziende di chiedere ai propri dipendenti di lavorare di più, oltre il limite massimo di ore annuali. Stiamo parlando di 400 ore di lavoro annuali a fronte di 250 ore della legge precedente.

Il lavoratore e la lavoratrice ungheresi si vedono la settimana lavorativa aumentata di un giorno a settimana , quindi 6 giorni su 7 oppure una settimana lavorativa di 5 giorni ma con giornate di lavoro di 10 ore. Il conteggio di ore settimanale è di 50 a fronte della media europea che si attesta sulle 40,2. Fonte Eurostat

La giustificazione di Orban durante la seduta che avrebbe deciso le sorti della legge é stata: “Dobbiamo rimuovere la burocrazia, in modo che chi vuole guadagnare di più lo possa fare”. Ovviamente la burocrazia secondo Viktor Orban è rappresentata da tutte quelle norme che difendono i diritti dei lavoratori.

La legge serve per poter accontentare quelle aziende estere (ad esempio quelle tedesche) che hanno investito nel paese magiaro e non vogliono perdere quella competitività che solo con lo sfruttamento della forza lavoro può essere aumentata.

La legge è stata battezzata Legge schiavitù e obbliga i lavoratori a garantire le 400 ore di lavoro ritardando il pagamento degli straordinari fino a tre anni. In altre parole, secondo gli standard europei, il lavoro rimane di 40 ore settimanali o poco più, ma le altre 10 che “devono essere garantite” al datore di lavoro vengono considerate ore di straordinario e per aggiungere al danno la beffa, lo stesso datore di lavoro ha l’opportunità di prorogare il pagamento fino a 3 anni. Quindi lavori adesso e ti pagano un quinto del tuo lavoro tra tre anni.

Chi vuole guadagnare di più lo può fare, giusto?

Non è tutto. Se un lavoratore perde il lavoro prima del periodo di tre anni, è molto probabile (se non certo) che quei soldi che dovrebbe ricevere per i suoi sforzi non li avrà mai più. E in un mondo in cui i contratti di lavoro subalterno scadono come lo yogurt lasciato al sole alle 2 del pomeriggio, è chiaro che la leva che gli imprenditori useranno per non pagare sarà quella di far scadere i contratti prima dell’eventuale pagamento degli straordinari. La norma prevede anche che le trattative sul lavoro straordinario possano essere condotte direttamente dal lavoratore con l’azienda, rendendo superflua la contrattazione dei sindacati. Qui è difficile che valga la metafora di Davide e Golia, perché Golia, oltre a essere un gigante, ha anche una squadra di ottimi avvocati.

Ai governanti non piace il potere giudiziario.

Nello stesso periodo della legge sul lavoro era in atto un altro sovvertimento delle leggi ungheresi e riguardava il potere giudiziario.

La seconda legge introduce un sistema parallelo di tribunali amministrativi che sono alle dirette dipendenze del Ministro della Giustizia. Le cause di cui si occuperanno avranno a che fare con la pubblica amministrazione (comprese questioni politicamente delicate come legge elettorale, corruzione e diritto di manifestare), che quindi non saranno più gestite dai tribunali ordinari bensì da questi nuovi tribunali governativi.

Il governo ha promesso che saranno indipendenti da interferenze politiche, ma il ministro della Giustizia avrà un ruolo importante nella nomina dei giudici e anche nella supervisione dei tribunali stessi.

Situazione generale in Ungheria.

Il PIL dell’Ungheria è in forte crescita da qualche anno, ma alla sua crescita non corrisponde un livello altrettanto soddisfacente di benessere per i suoi abitanti. Vi è sempre una maggiore divergenza tra chi può godersi standard di vita occidentali e chi continua a far fatica per arrivare a fine mese. Non c’è scala sociale, cioè chi ha un reddito basso difficilmente potrà emanciparsi ed avere una vita diversa da quella dei genitori.

Il salario medio degli operai ungheresi è tra i più bassi in Europa, 624 euro mensili (fonte Numbeo).

(link https://www.numbeo.com/cost-of-living/country_price_rankings?itemId=105&region=150&displayCurrency=EUR)

Grazie alla politica di chiusura delle frontiere di Viktor Orban, la disoccupazione è molto bassa, si aggira intorno al 3% (nel conteggio rientrano anche gli ungheresi occupati all’estero e i lavoratori precari), tuttavia la scarsità di mano d’opera all’interno del paese fa si che in Ungheria ci sia molta domanda e poca offerta.

Ecco quindi uno dei possibili motivi per cui il governo ha dovuto aumentare le ore di lavoro

Come la pensano i magiari.

Lavoratori, studenti e sindacati sono scesi in piazza a Budapest per quattro giorni consecutivi, accompagnati da un sardonico “Buon Natale primo ministro”.

Orban ha sminuito le proteste, accusando come sempre il magnate George Soros di aver pagato i manifestanti definendoli mercenari, mentre il capo di gabinetto Gergey Gulyas ha parlato esplicitamente di “fedeli di Soros che odiano apertamente i Cristiani”.

Raiawadunia – Le leggi schiaviste di Orban l’amico di Salvini

Tpi – Ungheria, proteste per la legge sul lavoro.

Money – Orban, rifoma del lavoro.

Euronews – Ungheria, migliaia in piazza contro la nuova legge sugli straordinari

Blitzquotidiano – Orban sovranista, le riforme sull’orario di lavoro.

Il Post – Ungheria, riforme dei tribunali e del lavoro.

Il manifesto – Ungheria, la legge schiavitù ci riporta agli anni ’60.

Combattere contro l’Isis, morire ed esser considerato terrorista. Apologia del combattente.

Giovanni Francesco Asperti, questo era il nome del primo combattente volontario che ha perso la vita in circostanze ancora non chiarite. E’ caduto il 7 dicembre 2018 a Derik a seguito di un incidente, come riporta il portale web delle forze curde in lotta contro lo Stato Islamico. Era conosciuto nel Rojava con il nome di Hiwa (speranza in curdo) Bosco e si era aggregato all’YPG, l’Unità di Protezione Popolare.

Giovanni aveva cinquant’anni e aveva deciso di partire per la Siria all’insaputa dei suoi familiari. Originario di Ponteranica, in provincia di Bergamo, scriverà loro solo due giorni dopo aver intrapreso il viaggio che, attraverso l’Iraq, lo portò a combattere al fianco del popolo curdo.

In una delle sue lettere scrisse: “Faccio conto di non tornare mai più, e non nel senso che vivrò là il resto dei miei giorni: nel senso che cercherò attivamente la morte liberatrice sul campo“.

Nel frattempo, per chi è sopravvissuto.

A gennaio la procura di Torino ha notificato una richiesta di “sorveglianza speciale” per cinque cittadini torinesi, rei d’essere andati in Siria a combattere l’Isis. La motivazionedella notifica è la “pericolosità sociale”. Le persone imputate sono colpevoli di aver preso parte alla rivoluzione intercorsa nella Siria del Nord o, per meglio dire, la lotta delle genti del Rojava contro lo stato islamico.

La sorveglianza viene chiesta per tre motivi: lotta al traffico di stupefacenti, lotta al crimine organizzato e lotta al terrorismo. In questo caso si fa capo al terzo motivo.

Ai sorvegliati speciali vengono ritirati il passaporto, la patente e qualsiasi licenza o iscrizione all’albo professionale. Bisogna presentarsi alle autorità di sorveglianza nei giorni stabiliti e ogni qualvolta viene richiesto e in più non si possono incontrare più di tre persone contemporaneamente e non è possibile rimanere fuori casa dopo un certo orario. Il sorvegliato riceve un libretto, come il libretto rosso che veniva dato agli esiliati antifascisti sull’isola di Ponza e Ventotene, su cui vi erano scritte le regole da seguire.

Davide Grasso, autore del libro Hevalen. Perché sono andato a combattere l’Isis in Siria , in un’intervista dice: “In Italia esiste ancora questo agglomerato di misure che prevedono che uno debba essere espulso dalla propria città, perdere il diritto di espressione e di difendersi senza che gli venga contestato nessun reato, ma solo per un’ipotesi circa quello che potrebbe fare in futuro”.

La procura ha appurato che i cinque non fanno parte del PKK, considerata un’organizzazione terroristica dall’UE. Quel che gli si contesta è, invece, l’appartenenza all’YPG, quindi la “pericolosità sociale” di sapere usare le armi a casa, come in Siria.

Intanto, molte persone tra cui accademici, politici, esponenti dello spettacolo hanno firmato un appello controla richiesta di sorveglianza speciale. Tra i firmatari Maurizio Ferraris, Stefano Benni, Paolo Virzì, Elio Germano e Zerocalcare.

Roberto Beneduce, docente di Antropologia culturale: “Dovremmo allora considerare socialmente pericolosi Orwell o Hemingway per la loro militanza nella guerra di Spagna”.

Piersante Paneghel, zio di Valeria Solesin, una delle vittime dell’attentato al Bataclan di Parigi: “Quello che vi stanno facendo non è giusto. Vi sono vicino e trovo aberrante quello che vi sta succedendo, le misure giudiziarie che sono state proposte per voi” .

Fonti e approfondimenti:

ilPost.it – La storia dell’italiano morto in Kurdistan

il manifesto – Giovanni Francesco Asperti, una scelta dalla parte giusta

fanpage – Siria, morto Giovanni Francesco Asperti: combatteva con le milizie curde contro l’Isis

Corriere della Sera – Francesco Asperti, miliziano italiano filo curdo morto in Siria

Giap – Per Hîwa Bosco, morto al confine tra Siria e Turchia, primo caduto italiano nella rivoluzione in Rojava

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