Quest’anno si celebra il 250° anniversario dalla nascita di Ludwig van Beethoven.
Noi di ErrareUmano vogliamo celebrarlo a modo nostro,
come meglio sappiamo fare, ovvero attraverso la scrittura.
Festeggiamo insieme questo compleanno tramite una delle sue opere più importanti,
che ha lasciato un segno indelebile nella nostra cultura:
la Sinfonia n. 9 in Re min.
La storia e l’analisi musicale
La Sinfonia No. 9 in Re minore, Op. 125, eseguita per la prima volta il 7 maggio 1824 a Vienna, ma inizia ad essere concepita almeno dieci anni prima, se non nel 1792.
Quest’opera non rappresenta il solo collegamento artistico tra Beethoven e Schiller: infatti, i primi lavori teatrali del poeta e drammaturgo tedesco furono rappresentati a Bonn da una compagnia il cui capocomico alloggiava spesso, insieme alla moglie, presso la casa dei Beethoven, mentre il direttore musicale era stato un insegnante del piccolo Ludwig.
Nonostante ciò, Schiller e Beethoven non ebbero mai modo di incontrarsi di persona.
Ma veniamo alla Nona.
E’ possibile descrivere le sinfonie (opere orchestrali polistrumentali, orchestra) come traslazione per un organico più complesso delle sonate per uno strumento solista, ad esempio il pianoforte. La struttura di una sonata per pianoforte segue delle regole abbastanza precise, la più evidente è la successione in tre tempi, la cui velocità di esecuzione è alternata, ovvero tempo veloce-lento-veloce; in genere il terzo tempo è più veloce del primo.
Le sinfonie in genere sono in quattro tempi, come questo breve video ci spiega:
Come appena visto, anche la Nona è composta di 4 tempi:
- Allegro ma non troppo, un poco maestoso
- Molto vivace
- Adagio molto e cantabile
- Finale
Le indicazioni di velocità in calce ai quattro movimenti, sono indicazioni di massima. Infatti, sebbene l’invenzione del metronomo fosse stata brevettata nel 1816 a Parigi dall’inventore tedesco Johann Nepomuk Mälzel, bisognerà aspettare un po’ di tempo per vederne affermato l’uso e la diffusione.
Beethoven supportò Mälzel nella creazione nel metronomo e cercò di esplorarne le possibilità ritmiche, sebbene le sue composizioni non rechino indicazioni metronomiche precise; anzi, talvolta queste vennero cambiate più e più volte. Inoltre, tra il 1812 e il 1814 Mälzel costruì per Beethoven delle trombette che potessero aiutarlo a diminuire i suoi problemi di sordità.
Tornando alla Nona, contrariamente alla struttura della sinfonia classica, dove la successione dei tempi è allegro-lento-minuetto-veloce, una prima variazione è l’introduzione di un tempo molto vivace come II movimento dopo un allegro che costituisce il I movimento, quasi come una coda del primo movimento stesso, andando a interrompere la naturale tensione uditiva creata dall’alternanza di tempo veloce/lento/veloce.
Ma l’innovazione più importante, introdotta solo in un secondo momento e non facente parte dell’idea iniziale di Beethoven, riguarda il IV ed ultimo movimento: infatti è la prima volta che, in un’opera sinfonica, si fa uso della voce, introdotta sia dall’uso delle quattro voci soliste (quelle femminili soprano e mezzosoprano, e quelle maschili baritono e basso) sia da un coro. I mezzi espressivi usati fino a questo momento non bastano a Beethoven: egli deve esplorare nuove vie musicali, ed è necessario preparare l’ascoltatore in maniera adeguata a quell’esplosione di voci.
All’introduzione del coro finale possono essere attribuite delle scelte filosofiche-musicali ben precise, che analizzeremo in seguito. Ad ogni modo, questa scelta marca una linea netta di confine tra un’epoca in cui la Musica veniva vista come Arte abbastanza settorializzata (ogni ambiente aveva il suo tipo di musica, ed ogni musica aveva il suo tipo di strumento) ed un’epoca piena di fluidità di genere e strumento.
Accompagna la lettura ascoltando la Nona di Beethoven.
Consigliamo la direzione della sinfonia di Otto Klemperer per la fedeltà della sua esecuzione e la precisione nel seguire lo spartito scritto da Ludwig van Beethoven.
La Nona si apre con una tonalità minore e si chiude con una maggiore, ovvero Re min (minore) e Re magg (maggiore).
Primo Movimento: Allegro ma non troppo, un poco maestoso
Nell’Allegro iniziale, la tonalità Re min viene introdotta dall’uso delle note re-la (distanza di una quinta, ovvero di cinque note); questa quinta è ripetuta più volte in diversi modi all’interno non solo di tutto il primo movimento, ma dell’intera sinfonia. La sola differenza tra un Re min ed un Re magg risiede nella nota centrale: infatti, l’accordo di Re min è composto dalle note re-fa-la, mentre quello di Re magg da re-fa#(diesis)-la.
I due diversi accordi vengono percepiti in maniera differente dal nostro orecchio, e la nostra mente associa in maniera naturale all’accordo minore un sentimento, per essere chiari e semplici, di tristezza, mentre a quello maggiore uno di gioia, quasi come se la musica entrasse in risonanza con il nostro stato d’animo.
Ora sapete come far capire il vostro umore attraverso la scelta di una canzone.
Le note iniziali sono quelle usate dai violini per accordare gli strumenti con l’intera orchestra; vengono eseguite dagli archi con un pianissimo iniziale che rasenta la pudicizia, il timore, ma che mano a mano si espande, fino a concludere in un tema a carattere risoluto, poggiato sui ritmi principali; la frase musicale si conclude con una melodia discendente molto rapida.
Questo nucleo melodico si ripete in una tonalità maggiore, iniziando lo sviluppo melodico vero e proprio, dove i fiati fanno la loro chiara apparizione, ed iniziano a dialogare con gli archi.
Secondo Movimento: Molto vivace
Vai al minuto 17:53 del video
L’inizio del secondo movimento riprende le prime quattro note del primo.
La forma musicale è quella dello scherzo, ovvero una composizione con un ritmo veloce, dove è possibile rintracciare una struttura del tipo A-B-A. In questo caso, la sezione B centrale ha un carattere più morbido e disteso, in contrasto con le sezioni A adiacenti.
La prima sezione (A) viene introdotta da un incipit molto deciso, sottolineato dall’uso delle percussioni; a questo segue una piccola fuga dove le varie parti orchestrali sembrano dialogare tra di loro in un fitto botta e risposta, ed il cui ritmo è molto vicino a quello di una tarantella o a quello in tre tempi (come un valzer) della danza della giga.
Il tema centrale della fuga viene introdotta da un pianissimo, quasi in punta di piedi, ma viene riproposto e sviluppato dall’intera orchestra con un forte centrale. Questa fuga–giga viene ripetuta più volte all’interno della sezione A, senza stancare l’orecchio di chi ascolta.
La struttura dello scherzo prevede che la sezione B sia inferiore in quanto a durata alla sezione A: è ciò che avviene in questo caso, dove la sezione B viene introdotta dagli ottoni (clarinetto, fagotto), seguiti subito dai violoncelli; la sezione A riprende poi in maniera improvvisa, così come era iniziata.
A prescindere dai tecnicismi e dalle definizioni, è molto semplice individuare le sezioni A e B perché sono caratterizzate sia da tempi che da tonalità diverse, ovvero minore per la A e maggiore per la B.
Lungo tutto questo movimento, un ruolo chiave viene assegnato ai timpani, il cui ruolo è quello di interrompere la continuità della melodia, creando una sorta di piccolo smarrimento alle orecchie dell’ascoltatore ed asimmetria nell’esecuzione.
Terzo Movimento: Adagio molto e cantabile
Vai al minuto 33:53 del video
Come per il secondo movimento, anche l’inizio del terzo riprende le note dell’incipit dell’intera sinfonia. Questo ruolo viene assegnato ai clarinetti, fagotti e corni, ai quali viene affidata anche la chiusura del movimento, ma il loro lavoro si fa sentire all’interno di tutto l’adagio.
In contrapposizione ai precedenti movimenti ed al successivo, questo secondo ha un ritmo molto più disteso e presenta delle melodie cantabili, ovvero che richiamano la voce umana ed il canto. In realtà si tratta di una serie di variazioni, dove nell’ultima irrompono due volte in maniera improvvisa i fiati.
Questo movimento è costruito prevalentemente su tonalità maggiori.
Quarto Movimento: Finale
Vai al minuto 48:30 del video
L’ultimo movimento inizia con quello che Wagner ha definito “la fanfara del terrore”.
Il tema principale dell’ultimo movimento è senza ombra di dubbio noto a tutti. Viene introdotto sin dalle prime battute, dove vengono richiamati, in un recitativo a carico di contrabbassi e violoncelli (bassi), i temi principali degli altri movimenti, quasi a voler fare un punto della situazione prima della conclusione della sinfonia. La ripetizione di elementi appartenenti agli altri movimenti testimonia la volontà di creare un’opera i cui movimenti siano in qualche modo legati gli uni agli altri in un’idea circolare di musica.
L’onere e l’onore di esporre per la prima volta il tema principale dell’ode è dei bassi, strumenti che vengono da sempre assimilati alla voce umana, e per questo vengono utilizzati per sottolineare momenti particolarmente pieni di sentimenti in una sinfonia o in un’opera. Ai violoncelli fanno eco i violini, ed i fagotti seguono a mo’ di controcanto; infine, tutta l’orchestra, ancora priva del contributo del coro, espone il tema, partendo con il suo sviluppo.
L’esposizione orchestrale si interrompe poi bruscamente. Sembra voler riprendere l’esposizione dal punto iniziale, ma il baritono inizia a cantare i versi di Schiller con dei versi introduttivi scritti da Beethoven:
«Amici, non questi suoni!
Piuttosto, altri intoniamone,
più piacevoli e gioiosi.»
A poco a poco si uniscono, quasi rincorrendosi, le altre voci soliste, fino ad esplodere con il coro tutto nell’esposizione principale del tema.
In contrapposizione al primo tempo, il quarto si chiude con una tonalità di Re magg.
Complessivamente, questo quarto movimento può essere visto come una sinfonia nella sinfonia, poiché riprende la struttura tipicamente in quattro tempi di questa forma musicale:
- I movimento: esposizione dell’ode alla gioia, con relative variazioni a carico sia dell’orchestra che del coro e dei solisti.
- II movimento: scherzo, dove Beethoven cambia completamente la strumentazione, introducendo ottavino, controfagotto, percussioni turche (piatti, triangolo, grancassa) .
- III movimento: adagio, con un nuovo tema su una parte dell’ode di Schiller.
- IV movimento: finale, dove alcuni temi vengono sovrapposti.
Un’ottima analisi, seppur breve per ragioni di palinsesto, è stata fatta da Giovanni Bietti, musicologo, compositore, pianista e divulgatore musicale, nell’ambito del programma radiofonico “Lezioni di Musica” in onda su RadioRai3; ecco i collegamenti:
L. van Beethoven: Sinfonia n.9 op.125, prima parte
L. van Beethoven: Sinfonia n.9 op.125, seconda parte
<<< Fine terza parte, la quarta ed ultima vi aspetta venerdì 17 aprile >>>
Autrice: Annarita N.
Cover designer: Pigutin
LINK ED APPROFONDIMENTI:
- Maynard Solomon, Su Beethoven: musica, mito, psicoanalisi, utopia. Einaudi.
- Tempo d’esecuzione in Beethoven
- Johann Nepomuk Mälzel
- Beethoven – Symphony No. 9 in D minor, Op. 125, “Choral”
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